Dall’auto ai trasporti: “l’Autunno caldo” degli scioperi e l’origine delle mobilitazioni

L’espressione coniata dal socialista Francesco De Martino, per la spinta rivendicativa del sindacato durante i rinnovi contrattuali.

Roma – Dai lavoratori del settore auto ai trasporti pubblici. Si va verso “l’Autunno caldo” degli scioperi. I primi annunciano uno sciopero nazionale di otto ore per venerdì 18 ottobre, quando ci sarà a Roma una manifestazione nazionale dei dipendenti di tutto il settore dell’automotive e delle imprese della componentistica. L’annuncio arriva dalla conferenza stampa organizzata dai sindacati del settore Fim, Fiom e e Uilm. L’appuntamento per i lavoratori della categoria è in piazza del Popolo. Gli esponenti sindacali hanno detto di aver organizzato la protesta perché “le cose vanno malissimo” e si riscontra “una grave difficoltà negli stabilimenti”, facendo appello al governo per gestire la crisi. 

I trasporti pubblici si fermeranno di nuovo l’8 novembre. I sindacati di categoria hanno infatti proclamato uno sciopero nazionale per quel giorno, spiegando che sarà un’astensione dal lavoro di 24 ore. “Questa volta – spiegano gli esponenti della categoria – non ci sarà il rispetto delle fasce di garanzia e faremo una manifestazione nazionale”. A indire la protesta sono stati unitariamente Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisa e Ugl Fna, che chiedono il rinnovo del contratto nazionale Autoferrotranvieri. 

Ma perché parliamo di autunno caldo? Il termine arriva da lontano. Era il 21 dicembre del 1969, quando l’allora ministro del lavoro, Carlo Donat Cattin, si presenta in televisione, rivolgendosi all’Italia intera. Lo fa in un contesto che fino ad allora non era proprio dell’Esecutivo, perché il ministro va a spiegare il contenuto dell’accordo appena raggiunto dalle parti sociali sul rinnovo del Contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici del settore privato. Una vicenda che ha visto per la prima volta in età repubblicana l’intervento del Governo al fine di trovare un accordo.

Gli industriali non la presero bene, ma la scelta del ministro fu dettata non solo da un interesse che, visto il numero dei lavoratori e l’importanza dei settori industriali coinvolti, travalicava quello delle sole parti in causa, diventando quindi generale, ma ci fu una precisa scelta di schierarsi con la parte più debole: i lavoratori. In circa settant’anni si passò dalle “cannonate di Stato” di Bava Beccaris, benedette dal Re Umberto I, che uccidevano i proletari, a un intervento di tutt’altro spessore, volto non solo a comporre un conflitto, ma a dare al lavoratore la possibilità di fare sindacato in fabbrica in maniera non clandestina. Ciò – nelle intenzioni del Ministro – avrebbe portato benefici anche alla vita democratica italiana nel suo complesso.

Gli scioperi dell’Autunno Caldo

L’autunno vivace menzionato è passato alla storia come “Autunno caldo” (espressione coniata dal socialista Francesco De Martino), proprio per la spinta rivendicativa del sindacato durante i rinnovi contrattuali. Una moto enorme, che ha portato nelle strade e nelle piazze italiane milioni di lavoratori. Scioperi e manifestazioni che non furono un’esplosione di collera completamente senza preavviso. Già nel 1967 e nei primi mesi del ’68 si verificarono grosse mobilitazioni alla Fiat, all’Olivetti, all’Innocenti, alle acciaierie Falck, come all’Italsider, alla Dalmine, alla Zoppas, all’ Indesit e al Petrolchimico di Marghera.

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