Durante il colloquio il Guardasigilli ammette le grandi criticità che affliggono le carceri, ma dice no a qualunque scarcerazione lineare”.
Roma – Mentre alla Camera si discute il decreto carceri, il ministro della Giustizia e il Garante nazionale dei detenuti, Maurizio D’Ettore, sono a colloquio con una delegazione dei Garanti territoriali dei diritti delle persone private della libertà personale per fare il punto sul sistema carcerario. L’emergenza è sotto gli occhi di tutti, tra sovraffollamento, suicidi e rivolte. I Garanti lo sanno e per questo hanno sottoposto al Guardasigilli alcune richieste in materia di contrasto al sovraffollamento carcerario, prevenzione dei suicidi e, in generale, sulla condizione carceraria, sottolineando l’esigenza di intervenire con un aumento dei turni d’aria, più telefonate e colloqui familiari, maggiori investimenti sull’area penale esterna, incremento dei fondi già stanziati da via Arenula sul sostegno psicologico.
Il ministro Nordio ha parlato di un “incontro proficuo, un’occasione di confronto costruttivo durante il quale abbiamo confermato la volontà di mantenere alta l’attenzione, come dimostrato in questo anno e mezzo di governo, durante il quale, solo nel 2024, sono stati stanziati 10,5 milioni di euro aggiuntivi – più che triplicato il budget previsto in bilancio di euro 4,4 milioni – per uno stanziamento totale di euro 14,9 mln, di cui 9,5 mln per gli psicologi ed 1 mln per i mediatori culturali, destinati ad aumentare il numero dei professionisti psicologi negli istituti penitenziari, in modo da migliorare la qualità dei percorsi di trattamento dei detenuti e colmando per la prima volta nella storia le piante organiche di queste figure”.
“Siamo consapevoli – ha dichiarato il Guardasigilli – che tutto questo non basta ad alleviare la condizione carceraria ma siamo contrari a qualunque forma di scarcerazione lineare o amnistia mascherata perché rappresenterebbero una resa dello Stato, con conseguenze, fra l’altro, negative in termini di recidiva confermate dalle statistiche”. Quello che invece si può fare è intervenire sulla carcerazione preventiva. “Ad oggi contiamo circa un 20% di detenuti in attesa di giudizio – ha detto Nordio – e questo è inaccettabile per chi come noi ritiene la presunzione d’innocenza un valore assoluto così come deve essere la certezza della pena, una volta ricevuta la condanna definitiva. Proprio per questo con le riforme promosse dal governo abbiamo introdotto, ad esempio, l’interrogatorio di garanzia prima dell’arresto e l’istituzione del tribunale collegiale per la conferma del provvedimento di detenzione. Si tratta di iniziative che avranno certamente un effetto deflattivo sul numero di persone incarcerate”.
Il caos intanto impera negli istituti di pena: le rivolte e le aggressioni nelle carceri, calde e sovraffollate, sono all’ordine del giorno. E si continua a morire. L’ultimo suicidio dietro le sbarre è avvenuto a Biella: è il 64esimo dall’inizio dell’anno. Un detenuto si è impiccato ieri sera nella Casa circondariale della città piemontese, scrive in una nota Uilpa Polizia penitenziaria sottolineando che il detenuto aveva 55 anni, era di origine albanese, e che a nulla sono valsi i soccorsi. E che, ai 64 detenuti che si sono tolti la vita, bisogna aggiungere i 7 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria. Nell’estate calda delle carceri si continua a morire dietro le sbarre e il 2024 rischia di polverizzare il record del 2022, “annus horribilis” con 85 suicidi dietro le sbarre.