Stimolare i dipendenti con il gioco, l’ascesa della “gamification” in azienda

Deloitte ha lanciato una sfida alla sopravvivenza, Google controlla le spese in trasferta e Amazon crea la gara alla consegna dei pacchi.

Roma – Possono i lavoratori essere stimolati dalle tecniche di creazione di giochi? Le aziende le provano tutte per migliorare le condizioni dell’ambiente di lavoro. Lo scopo è quello di migliorare il benessere dei lavoratori, ma non si tratta di improvvisa filantropia del management aziendale, ma più prosaicamente di rendere più produttivi i dipendenti in un mercato globale altamente competitivo. Per questi motivi vengono utilizzate tecniche mutuate dai giochi in contesti non ludici. Questo processo è stato definito “ludicizzazione” (in inglese gamification). In contesti non lavorativi serve per cercare di rendere più piacevoli incombenze che di primo acchito non lo sono, ad esempio imparare una nuova lingua.

Queste sfide si basano su sistemi a punti, classifiche, ricompense. Lo scopo è rendere il lavoro più accattivante, incentivare la competizione e influire sull’atteggiamento del lavoratore. Secondo alcuni studi, nel breve periodo si sono registrati effetti positivi, rendendo meno pesanti mansioni di basso gradimento. Nel lungo periodo, invece, sono state riscontrate alterazioni nei modi di lavorare, ad esempio si lavora di più ma senza retribuzioni adeguate. Se l’intento della gamification è far lavorare meglio e maggiormente, in realtà si realizza l’opposto. Ci sono molte aziende che utilizzano questo sistema. Come la società di consulenza informatica e revisione contabile “Deloitte”, che qualche anno fa, per inserire all’interno dell’azienda i nuovi dipendenti, utilizzò una sorta di gioco di sopravvivenza, in cui bisognava terminare un certo percorso.

Un sistema simile è stato utilizzato da Google per controllare le spese in trasferta dei dipendenti, che possono indirizzare il surplus di risorse avanzato ad un prossimo viaggio, alla busta paga successiva e darlo in beneficenza. Inoltre, in India, i lavoratori di Amazon partecipano ad una gara per la consegna di pacchi il più velocemente possibile perché in palio ci sono smartphone e motorini. Una sorta di riedizione de celebre film del 1969 “Non si uccidono così anche i cavalli?” di Sydney Pollack, in cui durante la Grande Depressione degli anni ’30 del secolo scorso, si svolse una maratona di danza a cui partecipavano molte coppie per poter vincere il montepremi in palio: 1500 dollari.

In realtà la “gamification” per le aziende è una strategia indiretta per contenere i costi e aumentare i profitti, la “mission” di ogni imprenditore! Alcuni anni fa l’Istituto politecnico di Viana do Castelo e l’Università Portucalense di Porto, in Portogallo condussero uno studio sul tema. Emerse che la “gamification” pare incentivare i dipendenti nel coinvolgimento e apprendimento, nonché la produttività e la realizzazione dei processi organizzativi. Inoltre, si lavora con più velocità aumentando gli errori. Secondo Jacobin, una rivista trimestrale statunitense ma con una versione anche italiana e che offre un punto di vista anticapitalista su politica, economia e cultura, gli strumenti della “gamification” più che sviluppare le nostre capacità di gioco, servono a utilizzare i meccanismi della mente da cui si originano abitudini, dipendenze allo scopo di compiere una serie di gesti meccanicamente.

La stimolazione della creatività e spontaneità non è nelle sue “corde”. In questo modo trasformano in gradevoli, mansioni che altrimenti si farebbero controvoglia, ma questa modalità non ha nulla a che fare coi giochi in senso stretto e soddisfa solo un’utilità pratica. Secondo la rivista, l’aspetto più critico della “gamification” non è tanto il meccanismo in sé, che può dare benefici anche se nel breve periodo, ma è un calcolato, forse, diversivo, uno sguardo superficiale su un problema più complesso. D’altronde il rapporto tra management e dipendenti è stato sempre conflittuale, più o meno intenso, sin dagli albori della rivoluzione industriale. E non è certo la “gamification” a dare una visione diversa da quella che è la sua genesi strutturale!

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