Al via la requisitoria dell’accusa nel processo d’appello per la morte della ragazza di Arce. Ritenute credibili le dichiarazioni del brigadiere poi morto suicida.
Roma – “Serena Mollicone ha impattato contro la porta. Questa è la dinamica che è avvenuta” anche in base a quanto emerge dalle consulenze. E’ quanto ha affermato il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma nel corso della requisitoria, che terminerà nell’udienza del 24 giugno, nel processo di appello per la morte della ragazza di Arce, centro del Frusinate, uccisa nel giugno del 2001.
Nel procedimento davanti alla Corte d’Assise di appello della Capitale sono imputati l’ex maresciallo dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Annamaria, il figlio Marco ed i due militari dell’Arma, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. In primo grado furono tutti assolti.
Citando i risultati delle consulenze tecniche e scientifiche il rappresentante dell’accusa ha fornito elementi sulla dinamica. Serena “è morta per asfissia causata dal nastro adesivo con cui è stata imbavagliata e poi le è stato messo il sacchetto sulla testa. Dall’autopsia sono emerse anche una serie di lesioni tra cui alcune fratture craniche e un consistente infiltrato emorragico ma la cosa strana è che nessuna di questa fratture è scomposta. Quindi a causarle è stato un oggetto ampio e piatto come la porta“.
Per l’ufficio di pg sono “credibili” le dichiarazioni rese all’epoca dei fatti da Santino Tuzi, il brigadiere dei carabinieri di Arce suicida nel 2008, che riferì di avere visto Mollicone entrare nella caserma di Arce il primo giugno del 2001, intorno alle ore 11, e di non averla vista più uscire.