Dicevano che la politica sporca era quella della Prima Repubblica: mentivano sapendo di mentire. Basti vedere quella degli ultimi 10 anni per rendersene conto.
Roma – La lista dei politici che si fanno gli affari loro si allunga a dismisura. Vecchio vizio della politica italiana duro a scomparire. Qualche giorno fa è stata la volta di Denis Verdini, 69 anni, ex coordinatore nazionale di Forza Italia a cui è stata confermata, dalla Cassazione, la condanna per bancarotta del Credito cooperativo fiorentino, istituto di cui è stato presidente per 20 anni, dal 1990 al 2010, e che ha accompagnato la sua ascesa politica ma anche la truffa ai danni della Presidenza del Consiglio per i contributi ricevuti dalle sue società editoriali.
Verdini si è presentato nel carcere di Rebibbia (lo stesso dove i maligni ritengono ci siano suite munite di ogni confort) accompagnato dai suoi legali, dove sconterà 6 anni e 10 mesi di reclusione, con uno sconto di 4 mesi, rispetto alla precedente sentenza della Corte d’Appello di Firenze.
Secondo i giudici il manager ha provocato il dissesto dell’istituto di credito con sede a Campi Bisenzio, centro a pochi chilometri da Firenze, attraverso numerose operazioni “anomale” realizzate con una gestione “ambiziosa quanto imprudente” e in particolare con una pioggia di finanziamenti nel settore edile (oltre il 52% del credito), soprattutto nei confronti di imprenditori amici come Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei (anche loro condannati in appello).
A dare il via all’indagine un’inquietante relazione dei commissari di Bankitalia che avevano denunciato gravissime criticità: il Credito Cooperativo Fiorentino fu commissariato nel 2010, poi dichiarato insolvente e assorbito da Chianti Banca. Se la vicenda giudiziaria si è conclusa con una pena tutto sommato lieve, desta perplessità l’ascesa e l’influenza avuta, per molti anni, nella politica italiana dallo stesso Verdini.
Ricordiamoci che il “suocero” di Matteo Salvini – la figlia Francesca è fidanzata con l’ex ministro degli Interni – nel 2014 è il garante del cosiddetto “Patto del Nazareno” tra il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e l’allora segretario del PD Matteo Renzi. Un vero e proprio “inciucio” per sostenere le riforme costituzionali (titolo V e Senato “Camera delle Autonomie“) e la legge elettorale Italicum.
In quel momento Verdini è membro del comitato di Presidenza di Forza Italia ma la sua eccessiva vicinanza ai conterranei toscani Renzi e Maria Elena Boschi, conseguentemente all’elezione di Sergio Mattarella, sgradito a Berlusconi, lo fanno allontanare dal “cerchio magico”. Nel 2015 Verdini tenta di riciclarsi fondando il gruppo parlamentare Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, sostenendo il Governo Renzi e legando indissolubilmente il suo declino alla caduta dello stesso, dopo la sconfitta dei referendum.
Del resto il buon Denis ha sempre avuto l’abitudine di muoversi agilmente nei corridoi della politica, senza preoccuparsi troppo della coerenza. Laureato in Scienze Politiche, uno dei suoi professori è Giovanni Spadolini, segretario del PRI, di cui diverrà confidente. La famiglia Verdini gestisce diverse macellerie e il giovane Denis vuole elevarsi lasciando sul banco di marmo filetti e costate per tentare la carriera politica. E ci riesce, almeno in parte, ma non come avrebbe voluto.
Consigliere di quartiere del PSI negli anni 80’, diventa esponente del PRI sperando che l’amicizia con Spadolini lo possa aiutare. Candidato alla Camera nel 1992, circoscrizione Firenze-Pistoia, non viene eletto. Stesso esito due anni dopo quando si presenta con il Patto Segni. Finalmente nel 1995, dopo aver cambiato casacca aderendo a Forza Italia, viene eletto consigliere regionale in Toscana e diviene vice-presidente del Consiglio regionale.
Nel 1997 acquista il 15% del quotidiano Il Foglio di Giuliano Ferrara. Nel 2000 però Berlusconi lo snobba e gli preferisce come candidato alla presidenza delle Regione Toscana, Altero Matteoli. Nel 2001 finalmente la svolta: viene eletto alla Camera, in quota proporzionale del collegio fiorentino, nelle file di Forza Italia e dopo la riconferma nel 2008 è il nuovo coordinatore nazionale del partito di Berlusconi.
Denis Verdini ha avuto una vita piuttosto movimentata anche in ambito giudiziario, prima di questa condanna. Nel 1992 venne accusato di violazione della legge elettorale, utilizzando la carta di credito della sua banca per “promuovere” la campagna elettorale. L’accusa venne archiviata nel luglio 2001.
Appena eletto deputato il pubblico ministero Angela Pizzi chiede il rinvio a giudizio per il politico con l’accusa di violenza sessuale per avere aggredito una cliente della sua banca. Nel Marzo 2002 la Pizzi chiede una condanna a 3 anni e 5 mesi e i legali della signora un risarcimento di 100.000 euro per danni morali.
Nel novembre dello stesso anno Verdini viene assolto con formula piena dall’accusa di violenza sessuale perché “il fatto non sussiste” e con la formula del dubbio da quella di molestie telefoniche. Non si è fatto mancare nulla. E prima di quanto pensiamo il dottor Verdini tornerà a farsi sentire. Nel frattempo dalla sua la solidarietà della politica italiana, dall’opposizione passando per Italia Viva. Quando si dice tutte le fortune.
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