Quell’Europa che divide il governo: l’attacco di Borghi e Salvini a Mattarella

Il senatore leghista chiede le dimissioni del capo dello Stato. Il leader del partito: “Oggi è festa degli italiani, non della sovranità Ue”.

Roma – Non l’avesse mai evocata una “sovranità europea”, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Proprio alla vigilia del voto per il parlamento di Bruxelles, le parole del Capo dello Stato sono state prese a spunto per una polemica a fini elettorali da parte della Lega da una parte e della scandalizzata opposizione dall’altra. Un profluvio di dichiarazioni che ha finito per oscurare la tradizionale parata dei Fori imperiali del 2 giugno. Una bagarre che ha creato reazioni scomposte nella sinistra. Pietra dello scandalo, appunto, il concetto di sovranità.

Nell’anniversario della festa della Repubblica il Carroccio considera scabroso che Mattarella dica che l’Italia è oggi inserita “nella più ampia comunità dell’Unione Europea, cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo tra pochi giorni la sovranità con l’elezione del Parlamento Europeo”. La cosa suscita lo sdegno del deputato leghista e candidato europeo Claudio Borghi, secondo cui “se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione Europea invece dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi perché la sua funzione non avrebbe più senso”. La provocazione centra l’attenzione dei media. Borghi, non insolito alle malizie, viene chiamato a difendere la propria dichiarazione.

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Parole considerate “eversive” a detta di tutte le opposizioni. “Più che mai fiero” di aver indicato Mattarella il leader di Iv Matteo Renzi, mentre i partner di +Europa attaccano con Riccardo Magi il carattere eversivo delle destre sovraniste, sulla stessa lunghezza del presidente dei senatori dem Francesco Boccia. Per i 5stelle Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri si tratta di “sabotaggio” della democrazia italiana da parte leghista. Giuseppe Conte da Foggia ha dichiarato che il tweet di Borghi “è una polemica indegna, richiedere le dimissioni del presidente Mattarella è una cosa non commentabile, talmente grave e talmente sconclusionata”.

Poi il leader del Movimento ha aggiunto che “una campagna elettorale, per quanto si possano alzare i toni e si possa anche agire strumentalmente, non giustifica una richiesta del genere. Il presidente Mattarella ha detto delle cose ovvie. Siamo in Europa e semplicemente bisogna andare in Europa a testa alta e non come questo governo che ha accettato la proposta franco-tedesca che addirittura comporta dei tagli di 13 miliardi l’anno”. Come loro, anche la leader dem Elly Schlein chiede una presa di distanza da parte delle premier, all’insegna del gioco di sponda e legittimazione reciproca ormai quotidiano.

Matteo Salvini e Claudio Borghi

Perché è quando il leader del Carroccio Matteo Salvini fa propria la dichiarazione di Borghi che davvero si accendono i riflettori sul caso. “Oggi è la festa degli italiani e della Repubblica, non della sovranità europea – sottolinea il vicepremier – Noi abbiamo un presidente della Repubblica perché esiste una Repubblica, una sovranità nazionale italiana”. Il ministro leghista, assente ieri dalle celebrazioni, difende la causa dell’italianità contro l’Unione europea delle multinazionali. Ma in serata precisa che le parole di Borghi son state travisate e “nessuno chiede le dimissioni” del presidente della Repubblica.

La versione tricolore della festa e della presenza italiana in Europa in fondo convince anche la premier Giorgia Meloni. Che nella celebrazione ricorda come l’idea originaria di Europa fosse improntata anche alla “forza e la specificità degli Stati nazionali”, cui a suo avviso “dovremmo tornare”. Perché criticare l’Europa va bene, ma il capo dello Stato non si tocca. “Siamo italiani ed europei, questa è la nostra identità. Questa è la nostra civiltà. Ogni scelta antieuropea è deleteria per l’Italia”, posta in serata il vicepremier Antonio Tajani esprimendo la propria solidarietà al Capo dello Stato. Che resta in silenzio sulle polemiche.

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