ROMA – PER LA CHIESA NON E’ PIU’ UN PRETE. PER LA SOCIETA’ E’ SOLO UN ASSASSINO

L'uomo si trova in carcere a Rebibbia e dalla sua cella rivendica la propria innocenza. Non è stato lui a uccidere Guerrina Piscaglia, men che meno ne avrebbe distrutto il cadavere. Un giallo risolto solo in parte.

Roma –  Da qualche giorno è il signor Gratien Alabi Kumbaio, ex sacerdote congolese dell’ordine dei Frati Premostratensi di Roma. A firma di Josè Rodriguez Carball, arcivescovo segretario dell’Ordine e con ratifica della Santa Sede, è stato notificato all’ex prete il decreto di espulsione dalla confraternita capitolina per l’omicidio di Guerrina Piscaglia. Alabi, che sta scontando la condanna definitiva a 25 anni di reclusione in una cella di Rebibbia, non potrà più officiare sacramenti né dire messa poiché lo stato laicale in cui si troverà fra qualche settimana non ha più nulla a che vedere con le funzioni esercitate prima del provvedimento ecclesiastico.

Guerrina Piscaglia ed il marito Mirco Alessandrini

Adesso Alabi è un uomo qualunque. Uno dei tanti detenuti identificati con un numero che deve scontare in galera un quarto di secolo. In effetti gli anni che sconterà in cella saranno molti di meno fra buona condotta, ricalcolo della pena, premi ed altri benefici previsti dalla legge. Alabi, ad ogni buon conto, si è sempre dichiarato innocente nonostante la sua versione dei fatti non abbia mai convinto gli inquirenti e men che meno i magistrati giudicanti a ben vedere i risultati delle sentenze. Anche la Curia generalizia ha ritenuto non convincenti i suoi argomenti a difesa dunque smessa la tonaca Gratien Alabi oltre che con la giustizia degli uomini dovrà vedersela anche con quella divina. E con la sua coscienza.

Ma c’è di più: l’Ordine dei Premostratensi parteciperà alla causa promossa dai familiari di Guerrina Piscaglia per il risarcimento dei danni, per la quale il marito Mirco e il figlio Lorenzo hanno citato anche la Curia di Arezzo che aveva inviato a Cà Raffaello il sacerdote come vice parroco. Secondo i legali della famiglia, avvocati Nicola Detti e Francesca Faggiotto, gli atti sarebbero stati ricevuti dal vescovo di Arezzo monsignor Riccardo Fontana che ne avrebbe fornito copia all’ufficio competente del Vaticano.

La parrocchia di Ca’ Raffaello dove Guerrina sarebbe stata uccisa.

L’omicidio di Guerrina Piscaglia, rimasto senza cadavere, è uno dei più controversi della storia criminale italiana. La donna scompare dalla sua casa di Ca’ Raffaello, frazione di Badia Tedalda, il 1 maggio del 2014. Padre Gratien frequentava abitualmente la casa dei coniugi Alessandrini e gli stessi Mirco e Guerrina avevano l’abitudine di recarsi spesso a trovarlo in canonica. Oppure accompagnavano il prete ad officiare messe e funerali nelle chiesette dei paesi limitrofi. Spesso le serate finivano al bar, in canonica o in casa della coppia davanti al camino bevendo vino e birra insieme agli altri confratelli di Gratien. Guerrina, ben presto, si invaghiva del sacerdote e fra i due iniziavano assidue frequentazioni.

La casa di Guerrina a Ca’ Raffaello dove non ha fatto più rientro

Gratien, nonostante l’abito talare, si era accompagnato ad altre donne, anche prostitute, che aveva incontrato in altre città dove aveva esercitato il proprio ufficio. Dopo qualche mese di passione fra i due sorgevano incomprensioni forse dovute alle intemperanze di Guerrina di cui Alabi ha paura. Un timore folle di finire dentro uno scandalo con le inevitabili conseguenze che l’allora sacerdote non avrebbe potuto sopportare. Da qui, forse, l’idea di sopprimere Guerrina che, nel frattempo, pare avesse minacciato di rivelare a tutti la relazione col prete di Ca’ Raffaello i cui abitanti, però, già sapevano della tresca e non ne facevano certo un segreto.

Tutti sapevano che cosa accadeva in canonica

Poi Guerrina sparisce senza lasciare la benché minima traccia. E proprio questo fatto che alimenta i sospetti degli inquirenti che, ad ogni buon conto, iniziano le ricerche della donna con notevole ritardo. Guerrina è “scomparsa” in canonica ma il suo telefono è ancora in funzione. I messaggi inviati dal telefonino di Guerrina, nel pomeriggio del 1 maggio, sono indirizzati a due persone presenti soltanto nella rubrica del cellulare di Alabi.

Alabi per l’ultima volta in tonaca

Il cellulare di Guerrina e quello di Alabi, sino al successivo 24 luglio, sarebbero rimasti agganciati ai medesimi ripetitori. Segno inequivocabile che il prete aveva con sé il telefonino della vittima. Poi l’immaginario “Zio Francesco”, personaggio di fantasia mai identificato ed i depistaggi di Alabi hanno confermato i sospetti: ”… Non ho ucciso Guerrina – ripete Alabi dalla sua cella – non avrei potuto. E’ tutto contro di me ma non sono stato io...”. 

 

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