Vajont, gli atti del disastro portati all’Aquila. Il sindaco di Longarone: “Scrivo a Mattarella”

Terminata la digitalizzazione, le carte sono state versate nell’Archivio di Stato della città dove si tenne il processo. Il primo cittadino: “Ferita ancora aperta, ciò che attiene alla memoria sia conservato sul posto”.

Belluno – Il fondo d’archivio con le carte processuale del Vajont tornerà all’Aquila una volta completati i processi di digitalizzazione, mentre all’Archivio di Stato di Belluno resterà solo la copia digitale. A comunicarlo è il ministero della Cultura rispondendo a un’interrogazione parlamentare nella quale alcuni deputati del Pd avevano chiesto conferma sul destino degli atti che riguardano la tragedia che si consumò il 9 ottobre 1963 nella valle del fiume Vajont, al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, quando una frana precipitò dal Monte Toc nelle acque del bacino creato con l’omonima diga. L’acqua tracimò e investì dapprima gli abitati di Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, poi con un’onda immane si abbatté su Longarone, causando in tutto la morte di 1 917 persone, tra cui 487 bambini e adolescenti.

La diga del Vajont, rimasta miracolosamente intatta dopo il disastro

“Le carte del fascicolo processuale del disastro del Vajont sono state versate all’Archivio dello Stato de L’Aquila, ai sensi dell’art. 41 Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il processo, infatti, si svolse a L’Aquila, e non a Belluno, nonostante i fatti dolorosi si riferissero a quel territorio Veneto”, ha spiegato Antonio Tarasco, direttore generale Archivi del Ministero della Cultura, rispondendo ai deputati Rachele Scarpa e Piero Fassino, che al contrario chiedevano di rendere definitivo il trasferimento del fondo presso la sede dell’Archivio di Belluno.

Longarone prima (a sinistra) e dopo essere stato investito dall’immane ondata

“Infatti – ha aggiunto Tarasco – tra la fine del 1968 e l’ottobre 1970 si tennero presso il Tribunale de L’Aquila il primo grado e l’appello del processo penale. Il fascicolo processuale originato da questo procedimento è stato conseguentemente depositato all’Archivio di Stato de L’Aquila, secondo quanto prescritto dalla normativa vigente. Tuttavia, per ragioni di opportunità, è stato ordinato un intervento di completa digitalizzazione del fondo archivistico del processo penale del Vajont”.

I segni della frana nell’invaso dopo il disastro del Vajont. In primo piano la diga

Così la Direzione generale per gli Archivi ha autorizzato, a dicembre del 2009, il temporaneo deposito all’Archivio di Stato di Belluno degli atti processuali “al fine di consentirne la completa digitalizzazione”. Al termine dell’intervento, attualmente ancora in atto, le riproduzioni digitali dei documenti, corredate dai dati archivistici necessari per la loro fruizione, saranno tuttavia disponibili non solo presso gli Istituti archivistici che hanno realizzato il progetto (Belluno e L’Aquila), ma anche nella piattaforma della Direzione generale Archivi (Archivio digitale) che rende consultabile il patrimonio archivistico digitalizzato.

Il sindaco di Lavarone: “Scriverò a Mattarella”

Immediata la risposta di Roberto Padrin, sindaco di Longarone, uno dei comuni colpiti dall’immane tragedia. «Scriverò a Mattarella. Il 9 ottobre aveva fatto suo il nostro appello al Governo. ”Quel che attiene alla memoria deve essere conservato nel luogo dove il disastro è avvenuto”. Lo ha detto il presidente della Repubblica il 9 ottobre scorso, a Longarone. E noi rimaniamo di quell’avviso».

Roberto Padrin, sindaco di Longarone

«Scriverò personalmente al Presidente della Repubblica, che so condividere con la comunità di Longarone una richiesta legittima e sacrosanta. Non è solo una questione di memoria o di rispetto, ma anche e soprattutto di sensibilità nei confronti di una ferita che è ancora aperta, perché a Longarone vivono superstiti, sopravvissuti, gente che ha perso tutto e che sulla memoria del disastro – e quindi anche sulle carte processuali, fatte di immagini e atti ufficiali – ha un punto di riferimento, un appiglio, quasi una bussola con cui orientarsi. In subordine, chiederemo un deposito almeno trentennale del fondo processuale, di modo che le generazioni toccate dalla tremenda tragedia del Vajont possano avvicendarsi, lasciando a sopravvissuti, superstiti e loro discendenti quel legame anche fisico con le carte del processo che una semplice copia digitale non sarà mai in grado di costituire. Sono certo che su questo un ragionamento di buonsenso è e sarà sempre possibile».

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