La padrona di casa del Miur esulta per compiti e interrogazioni a distanza ma le discrepanze sono ancora tante. Non tutti possono permettersi Pc e tablet costosi oppure connessioni velocissime. Per non parlare del diritto all’istruzione violato e le questioni etiche.
“…La didattica a distanza rischia di mettere in discussione l’universalità del diritto all’istruzione e il principio di uguaglianza che è alla base del concetto stesso di diritti umani…”. A lanciare l’allarme è Amnesty International in un rapporto sulle conseguenze della didattica alternativa ai tempi del Covid-19. Secondo l’organizzazione umanitaria in Italia ci sarebbero delle profonde disuguaglianze per quanto concerne la disponibilità informatiche delle famiglie.
“…Nella didattica a distanza – spiega Amnesty International – il principio di uguaglianza sta rischiando di perdersi tra i collegamenti internet che non funzionano, la mancanza di strumentazione tecnologica necessaria a soddisfare i bisogni di un’intera famiglia e l’assenza di una figura – quella dell’insegnante – fondamentale per l’apprendimento da parte di tutta la classe. Nella scuola primaria, in particolare, bimbe e bimbi hanno bisogno del supporto di un genitore per poter usufruire di questa nuova forma di didattica e non tutti le mamme ed i papà sono in grado di fornire il loro aiuto, per le ragioni più diverse. La situazione è ancora più difficile se il minore ha un “bisogno educativo speciale” o è uno studente con disabilità che ha perso il sostegno garantito in classe…”.
La popolazione italiana, infatti, si è trovata costretta a fronteggiare una generale impreparazione digitale e sebbene nel campo aziendale sembra esser stata risolta con la costante applicazione dei dipendenti, nel campo scolastico e della pubblica amministrazione ha causato vari rallentamenti. Secondo il rapporto Istat del passato 6 aprile 2020, il 33,8% delle famiglie del Bel Paese non ha un computer o tablet in casa. Inoltre, solo per il 22,2% delle famiglie italiane ogni componente ha a disposizione un pc o un tablet. Sono dati sconfortanti se si considera che il più delle volte gli orari dello smart-working e della scuola in remoto coincidono. Non solo, altro problema fondamentale è la connessione. Chi non dispone di fibra ottica, o non abita in centri urbani, rischia di avere dei seri problemi per il mantenimento di una copertura sufficientemente per permettere un adeguata connessione. Sempre secondo i dati forniti dall’Istat, tra Nord e Sud i divari aumentano, con le popolazioni meridionali nettamente svantaggiate.
“…Gli innumerevoli problemi – continua il rapporto – che stanno affrontando molte famiglie povere italiane e straniere per garantire ai propri figli la continuità scolastica ci devono ricordare che nessuno deve essere escluso dal sistema educativo e che è compito delle istituzioni cercare in ogni modo di colmare le diseguaglianze sociali, prima che si trasformino in pericolose forme di discriminazione. Sciogliere i nodi che sono emersi nella seconda parte dell’anno scolastico, sarà ancora più urgente a settembre quando, molto probabilmente, non si tornerà a scuola secondo una normale didattica in presenza. Se non si interverrà in maniera efficace e duratura per colmare le differenze che l’emergenza Covid-19 ha causato e causerà, molti bambini e adolescenti vedranno messo in discussione, oltre al diritto all’istruzione, anche il principio di uguaglianza che è alla base del concetto stesso di diritti umani e della nostra Costituzione…”
Le parole di Amnesty International sembrano ben distanti da quelle pronunciate della ministra Azzolina pochi giorni fa secondo la quale la didattica a distanza è stata un successo. Non solo, secondo le ultime dichiarazioni rilasciate dalla massima carica del MIUR, non vi sarà nessun “6 politico”, ma gli studenti “…carenti…” potranno essere bocciati.
Settembre è ancora distante, ma sembra fondamentale cominciare a pensare a un modo differente di intendere la didattica a distanza. Sappiamo benissimo quanto siano fondamentali gli anni della scuola per la formazione spirituale e mentale delle generazioni future. Bocciare chi rimane indietro in questo momento, forse, potrebbe non essere la soluzione migliore. Altrimenti, come ha sottolineato Amnesty International, la didattica a distanza potrebbe diventare “…distanza dalla didattica…”.