Se oggi siamo costretti ad elemosinare finanziamenti per sopperire ad una crisi sanitaria senza precedenti, è perché in questi anni abbiamo pensato ad ottemperare alle richieste della Bce piuttosto che tutelare la salute dei cittadini
Che dire, l’Europa politica ed economica continua a voltare le spalle all’Italia e alla Spagna. Questa scelta, però, non avrà conseguenze dirette sugli Stati in quanto entità astratte ma ricadrà esclusivamente sulle popolazioni che li compongono. E proprio su quei cittadini che rappresentano l’80% del gettito fiscale di casa nostra.
I piccoli esercenti, gli artigiani e i lavoratori dell’Europa del Sud, saranno costretti a sobbarcarsi direttamente gli effetti della regressione economica, costringendo molti ad un livellamento verso il basso ed altri ancora alla chiusura della propria attività. Infatti i ministri tedeschi e dell’Aja si sono opposti fortemente allo stanziamento di misure straordinarie per finanziare le già fragili casse di Italia e Spagna. A seguito di una teleconferenza tra i ministri delle Finanze dell’UE, la Germania e l’Olanda hanno risposto con un ridondante “no” alla richiesta italiana e spagnola di attivare gli Eurobond nell’ambito del Mes. L’istanza prevedeva l’attivazione del programma di sostegno ma senza i rigidi paletti dell’austerity esercitati dal Troika.
Sostanzialmente Roma e Madrid hanno chiesto di poter evitare la fine di Atene. L’UE non ha tradito le aspettative dei vari antieuropeisti disseminati per il continente e ha sottolineato che senza garanzie non si può attivare nessun Meccanismo Europeo di Stabilità. Ma di quali garanzie stiamo parlando? Queste precauzioni europee, de quo, farebbero perdere la cosiddetta sovranità statale all’interno della propria nazione. Tenendo conto che già di per sé i paletti del Mes sarebbero proibitivi per la maggior parte degli Stati membri in una fase di normalità, in una situazione di emergenza sanitaria diventerebbero un vero e proprio suicidio. Proprio queste misure “necessarie” sono state le causali degli ingenti tagli alla sanità e all’istruzione italiana perpetrati in questi ultimi anni. Non solo, il forte debito pubblico nostrano, benedetto dal Patto di Stabilità, ha portato l’Italia a dover abbassare i prezzi dei suoi prodotti per poter competere con i mercati emergenti dei Paesi dell’Est Europa.
L’impossibilità di uscire dalla gabbia di Maastricht ha fatto sì che il potere d’acquisto dei cittadini e dei lavoratori italiani crollasse. Vincolato com’è al rispetto dei limiti costitutivi europei. Allo stesso tempo i grandi proprietari del Bel Paese hanno goduto dell’area di libero commercio delocalizzando una parte delle proprie fabbriche in Paesi dove le imposte e il costo dei lavoratori erano più convenienti. Tali politiche si sono concretizzate in un annullamento dei diritti lavorativi e nella disoccupazione galoppante. È obbligatorio ricordare, ancora una volta, che nel Mezzogiorno nostrano la percentuale di non occupati e la seconda in Europa. Se oggi siamo costretti ad elemosinare finanziamenti per sopperire ad una crisi sanitaria senza precedenti, è perché in questi anni abbiamo pensato ad ottemperare alle richieste della Bce piuttosto che tutelare la salute dei cittadini.
Ora alla domanda, più che giustificata, di una maggiore elasticità finanziaria ci viene sbattuta la porta in faccia. Dobbiamo iniziare a chiederci se in futuro desideriamo vedere i medici italiani, come precedentemente i colleghi greci, protestare – subendo barbare angherie – perché ormai la sanità è stata completamente privatizzata, o se desideriamo altro. Magari di meglio. La scelta va fatta adesso. Il premier Conte, intanto, ha risposto:“…Le condizioni imposte sono inaccettabili…”, ritenendo si salvare dignità al Bel Paese. Tajani, invece, ha invocato la messa in opera del Mes lanciando un chiaro messaggio al governo. Le prossime ore saranno cruciali per delineare il futuro dell’Italia e dei suoi lavoratori.