INQUINAMENTO AD ALTA QUOTA

Nemmeno le cime innevate più alte ed i ghiacciai si salvano dall’azione venefica di polveri sottili e gas letali

Chissà quante volte ci siamo sentiti dire che l’aria di montagna fa molto bene al nostro organismo. Magari da piccoli, soprattutto chi di noi soffre, o ha sofferto, di patologie respiratorie e allergie, siamo stati affidati alle cure dei nonni per passare le vacanze sui monti a respirare aria pulita che, a detta dei genitori, sarebbe stata un toccasana per la nostra salute.

Ma è davvero così? Purtroppo no, le distese innevate e i panorami mozzafiato sono belli ma non incontaminati. Dati che destano allarme dimostrano come anche la montagna subisca gli effetti dannosi della mano dell’uomo: consumo del suolo, perdita di biodiversità, inquinamento dell’aria, paesaggi artefatti dagli impianti sciistici.

È ormai appurato che le vette risentono del cambiamento climatico: ghiaccio e neve continuano a sciogliersi portando alla luce particelle di plastica, oggetti abbandonati e carcasse. Se pensate che le microplastiche siano un problema relativo solo ai mari o alle aree abitate, vi sbagliate di grosso. Secondo nuovi studi, le particelle volano trasportate dal vento e possono inquinare anche regioni del tutto disabitate, o isolate, come ad esempio quelle montane.

Tracce di inquinamento industriale e urbano sono state trovate, addirittura, fin sulle cime dell’Himalaya. Per non parlare dei Pirenei, dove sono state rinvenute ingenti tracce di microplastiche ad alta quota, e dell’Everest, che le spedizioni hanno ridotto a un immondezzaio. E a casa nostra non ce la passiamo certo meglio. Particelle di plastica sono state trovate tra i ghiacciai dello Stelvio e l’aria delle Alpi risente del traffico della pianura Padana, in particolare dell’ozono, dannoso sia per la salute umana che per la vegetazione, causato dall’inquinamento atmosferico prodotto da industrie e traffico. Non è raro, passeggiando per i monti, incontrare alpeggi che versano in stato di degrado, per via di rifiuti abbandonati di ogni genere.

Da quando è aumentata enormemente la sensibilità al problema dell’inquinamento, per cercare aria buona ci teniamo lontani dalle zone di emissione di sostanze inquinanti, prodotte da diversi processi industriali, ma questo non basta. Pochi sanno che i livelli di inquinamento, infatti, si valutano non tanto rispetto alle emissioni, quanto piuttosto misurando le concentrazioni degli inquinanti nell’atmosfera

Si tratta di parametri i cui valori sono legati a molteplici fattori, sia meteorologici (piovosità, ventosità, stabilità atmosferica, altezza media dello strato di dispersione degli inquinanti…) che geografici (variabilità orizzontale/verticale). Ma, mentre esistono numerosi studi sulle concentrazioni di inquinanti atmosferici in orizzontale, sono rare le indagini sulla variabilità in verticale, ossia rispetto all’altezza da cui dati vengono rilevati.

Come già per il suolo, il sottosuolo, i fiumi, i mari (addirittura sono state rinvenute tracce di sostanze chimiche pericolose nella fossa delle Marianne), dobbiamo rassegnarci al fatto che anche le montagne più alte sono contaminate. Per fortuna, negli ultimi anni, le Istituzioni e l’opinione pubblica vanno via via acquisendo una maggiore sensibilità sul pericolo dell’inquinamento ambientale, sulla necessità di attuare comportamenti individuali rispettosi dell’ambiente e politiche che favoriscano l’utilizzo di tecnologie e prodotti puliti.

Tutti noi abbiamo il dovere di informarci, il diritto di essere informati, di sapere cosa è buono e necessario per l’ambiente in cui viviamo, per noi e per i nostri figli. Vanno combattute l’ignoranza e la presunzione di chi ci vuol convincere della bontà di stili di vita comodi ma sbagliati, facili ma non più sostenibili. Fino a che non avremo acquisito tutti una coscienza ambientalista tale da riuscire a rimediare agli errori del passato, andare in montagna per respirare a pieni polmoni aria salubre è un luogo comune che faremo bene a dimenticare.

Sull’argomento noi di Pop abbiamo intervistato il Prof. Carmelo Sardegna, Coordinatore Verdi Sicilia:

Prof. Sardegna, qual è il livello di inquinamento delle montagne italiane?

“Le montagne subiscono gli effetti delle attività antropiche. Esse sono sottoposte a inquinamento con consumo di suolo, vedi l’invasione di troppi impianti sciistici che rendono l’ambiente artificioso e ne modificano il paesaggio. I ghiacciai si stanno sciogliendo con allarmante velocità. Rifiuti di ogni genere (scarponi, plastiche, packaging di snack…) sono abbandonati da gitani e visitatori. Territori che vengono modificati con abusivismo edilizio, con costruzioni di nuove infrastrutture per varie destinazioni. Frane, crolli, cambiamenti climatici che ne favoriscono il degrado ambientale e ne sottolineano la fragilità che, accompagnata da una normativa carente e scriteriata, permette l’incontrollato taglio del relativo patrimonio boschivo. Questo, unito alle licenze di uccidere la fauna selvatica e allo spopolamento del territorio, crea un sistema contro il paesaggio e la vocazione ambientale dei territori montani. Tutto ciò impoverisce, anche economicamente, la popolazione rimasta”.

Cosa potrebbe o dovrebbe fare il nostro governo, che, almeno nelle intenzioni, doveva essere green, per la salvaguardia delle vette montane?

“Il governo italiano millanta politiche green che, in effetti, non è in grado di intendere, né di volere: il new green o economia circolare. Nonostante questi ultimi governi, però, i lavori verdi crescono e a ritmi vertiginosi. Il 2019 è stato un anno record di investimenti nel settore green da parte delle aziende italiane. Anche il governo Conte, come alcuni governi precedenti, continua ad assegnare milioni di euro alla produzione e all’uso delle energie fossili, estremamente inquinanti e pericolose per la salute e l’ambiente. La Sicilia, purtroppo, è ultima in Italia, tra le regioni dove trovare contratti offerti ai giovani con ottima preparazione professionale nel settore green. Essi sono costretti a emigrare. Noi Verdi e di Europa Verde non ci stancheremo mai di dire che verde conviene. Il lavoro è e sarà verde e Verde non è solo il colore della speranza, specialmente per l’occupazione delle attuali generazioni. I profili professionali richiesti dalle aziende che operano nella green economy sono ricercati dalle aziende che vi operano nel campo dell’economia circolare e con i relativi processi di riconversione. Vuoi per necessità di marketing, vuoi per i processi della loro conversione ecosostenibile, è una grande prateria dove i nostri giovani troveranno centinaia di migliaia di posti e un’occupazione seria, reale, non in nero! Dai dati pubblicati di recente da Unioncamere, si riscontra che l’Italia è divisa in due parti, con le famigerate due velocità di sviluppo volute e propugnate dalle destre legaiole in primis. Il Sud è più danneggiato rispetto a Lombardia, Veneto, Piemonte ecc. Tutto ciò causa povertà, disoccupazione nelle nostre terre, complice un governo regionale inadatto a risolvere questi problemi. Il recente abbraccio tra il presidente Musumeci e Miccichè con Salvini (un “amico dei siciliani”) ha allarmato molto e molti. Dense nubi nere si prevedono da quell’abbraccio. Tra le città italiane in cui le aziende investono in green economy solo Catania è prima, al 19° posto. Tutte le altre sono in fondo al pozzo. Nero, però!

Quanto l’Italia è attenta al problema inquinamento, rispetto alle altre nazioni europee?

“Non l’Italia, sono questi ultimi governi a essere reticenti e a fuggire da questi problemi. Ricordiamo il precedente governo legaiolo e 5 stelle che ha operato per poter sversare i fanghi inquinanti su terreni agricoli, e non dimentichiamo tutta l’epopea dell’Ilva, con decreti di impunità dati dai precedenti governi di “centro Sinistra” e di “centro Destra”. Incapaci di risolvere i problemi, alla faccia dei cittadini di Taranto (quartiere Tamburi in primis), dei morti in incidenti sul lavoro, alla faccia dei risultati del Progetto Sentieri!”.

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