ACQUE, UN INDOTTO DALLE MILLE ETICHETTE

Le caratteristiche organolettiche sono diverse e non è detto che siano tutte buone. Occhio alle analisi batteriologiche e chimiche.

Secondo alcune statistiche l’Italia e tra i maggiori bevitori mondiali di acque minerali, tanto che supererebbe come quantità anche il Messico. L’Europarlamento in questi giorni ha approvato in via definitiva la direttiva che vieta dal 2021 la vendita di alcuni articoli in plastica monouso, infatti, il 90% delle bottiglie di plastica dovrà essere ritirato dagli Stati membri. Il provvedimento, però, entrerà in vigore solo nel 2029.

La ratio di tale iniziativa è da ricercare in una situazione in cui oltre l’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica, che, accumulandosi nei mari di tutto il mondo, diventano cibo per una parte consistente della fauna marina sotto le sembianze di microplastica, per poi finire nella catena alimentare umana. Il problema tocca da vicino anche l’Italia. Si stima che nel Bel Paese ogni anno vengono immesse sul mercato circa 11 miliardi di bottiglie di plastica, che finiscono sia nei termovalorizzatori che negli impianti di incenerimento. Si tratta di un consumo esagerato che non trova giustificazione in un Paese dove l’acqua del rubinetto in molti casi è di ottima qualità.

I gestori della rete idrica pubblica sembrano essere poco interessati ai consumi record d’acqua, piuttosto appaiono più interessati a garantire l’approvvigionamento senza porsi dubbi sulle perplessità in merito alla bontà dell’acqua mosse da molti cittadini italiani. Buona parte degli italiani, infatti, è erroneamente convinta che i sassolini di calcare nei filtri rompigetto dei rubinetti possono fare venire i calcoli renali. Uno studio organizzato da Legambiente il 22 marzo 2018 nel corso delle Giornata mondiale dell’acqua, ha dimostrato che in prove alla cieca la gente non distingue l’acqua imbottigliata da quella del rubinetto. Legambiente in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca ha rilevato che l’acqua della rete idrica di alcune città del nord e di Palermo, hanno una composizione chimica confrontabile ad alcune acque minerali in commercio.

La situazione attuale, dunque, vede da un lato aziende private molto agguerrite che investono milioni in spot pubblicitari per vantare caratteristiche salutistiche dell’acqua in bottiglia tra le quali scarsa presenza di sodio, alta percentuale di calcio e pochi sali minerali – caratteristiche tralasciabili se si considera il bilancio nutrizionale giornaliero-, e dall’altra i gestori degli acquedotti, che pur vantando un ottimo prodotto, scarseggiano dal lato comunicativo e non riescono a risolvere i dubbi dei consumatori. La riduzione dell’acqua minerale in bottiglia richiederebbe un approccio diversificato che pochissimi cercano di portare avanti. Ad esempio, si potrebbero installare cassette dell’acqua e aumentare le fontanelle pubbliche o, in alternativa, incentivare il consumo del vetro e invitare i ristoranti a servire caraffe contenenti acqua microfiltrata come si fa in altri Paesi europei. È stato rilevato da alcune indagini che in certe acque possono esserci dei livelli elevati di berillio, ma questo non deve creare allarmismo in quanto tali livelli sono conformi alle direttive europee. Inoltre, il limite del manganese è di 50 microgrammi per l’acqua potabile e di 500 per le acque minerali. Per l’alluminio il limite per le acque potabili è di 200 microgrammi per litro, mentre per le acque minerali non c’è limite. Per il fluoruro, invece, le acque potabili hanno un limite di 1,50 e quelle minerali di 5. Una sostanza che ha lo stesso limite sia per l’acqua potabile che per quella minerale è invece l’arsenico. Per tale ragione i livelli di quest’ultimo dovrebbero essere evidenziati nell’etichetta.

Interessante è anche l’esperimento del vuoto a rendere, infatti, la stessa bottiglia passa da casa nostra al deposito, per poi tornare al produttore che procede alla sterilizzazione e al riuso. La metà dei passaggi di quelli attuali, che vorrebbe dire migliaia di km in meno per i camion. Nel 2018 in Italia, abbiamo riciclato circa un miliardo e mezzo di bottiglie di acqua minerale che equivalgono a circa 1,06 miliardi di kg di vetro, il conto è presto fatto: con il vuoto a rendere non avremmo utilizzato 5,9 milioni di barili di petrolio, che equivalgono a circa 950 mila euro al giorno. In sostanza: meno consumo di petrolio e meno emissioni di CO2. Va sottolineato però che le acque minerali italiane sono tutte a norma, e sono tra le migliori di Europa, controllate dal ministero della Sanita e da Nas. Da parte sua l’A.D.A.M. – Associazione Degustatori Acque Minerali -, propone “La carta delle acque minerali”, ovvero un modo nuovo di bere acqua a tavola: coniugando in modo armonico gli aspetti organolettici e quelli biologici di ciascuna acqua con i diversi alimenti e diversi piatti di portata, dagli antipasti ai dolci.

Le acque consigliate sono state accuratamente testate dagli esperti dell’associazione: si tratta di “minerali” di qualità, certificate da A.D.A.M., dopo un’attenta valutazione sia igienica che sensoriale.

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