Meglio bruciare per fare cassa e riciclare il denaro sporco. Spesso le aziende di smaltimento sono in mano a mafia e ‘ndrangheta che non hanno alcun riguardo per la salute pubblica e per l’ambiente
MILANO – Continuano gli incendi di rifiuti in Lombardia. Dal più piccolo rogo della discarica abusiva alla periferia di paesi e città, all’incendio del capannone industriale zeppo di rifiuti speciali quando non tossici e nocivi. Milano è dintorni stanno diventando la pattumiera preferita delle aziende, in campo nazionale e forse anche d’oltrecortina, che si occupano di smaltimento di rifiuti solidi urbani ma non solo.
Un business di milioni di euro gestito spesso dalla criminalità organizzata la quale piuttosto che smaltire e distruggere le immondizie tramite i canali legali, senz’altro più costosi, preferisce fare cassa dando fuoco a centinaia di tonnellate di pattume conservate dentro opifici e capannoni ubicati nelle zone industriali.
Gli incendi di aree industriali non si contano più ma anche in città, in via Chiasserini 21, periferia nord di Milano, chi non ricorda le terribili fiamme che si levavano in cielo il 14 ottobre del 2018? Il devastante rogo di rifiuti di diverse tipologie aveva impegnato qualcosa come 172 equipaggi dei vigili del fuoco che avevano contrastato la combustione asfissiante di 16mila metri cubi di materiale prevalentemente plastico, stoccato all’interno di una struttura di 2.500 metri quadrati. Alcuni giorni prima, durante un’ispezione, la società che gestiva il sito risultava priva delle necessarie autorizzazioni di legge nel trattamento dei rifiuti mentre il suo amministratore aveva chiesto le dimissioni. Un caso? Durante l’incendio le soglie delle diossine sprigionate dalle plastiche carbonizzate erano aumentate di cento volte rispetto al limite previsto dalla normativa europea e di ben 22 volte rispetto al gradiente fissato dall’organizzazione mondiale della Sanità.
In questi casi l’Arpa, dopo qualche giorno dallo spegnimento degli incendi, ha sempre rassicurato le popolazioni locali in merito alla qualità dell’aria nel medio lungo termine giudicando quasi inesistenti i rischi per la salute. Ma ormai è notorio che laddove si sprigionano diossine, sostanze altamente cancerogene, il rischio per la salute c’è, eccome. Basti pensare alle pericolose percolazioni delle diossine nei terreni coltivati che hanno provocato, negli anni scorsi in Lomellina, l’avvelenamento di ortaggi, uova e carni da macello oltre che della locale produzione risicola. A detta del ministro per l’Ambiente Sergio Costa la Lombardia sta diventando la nuova Terra dei Fuochi.
Solo nel 2018 ci sono stati 22 roghi di rifiuti nella regione. Nel 2017 erano stati 21, nel 2016 solo 6. Un crescendo “Rossiniano” che non lascia ben sperare per il futuro in quanto lucrare sugli incendi è facile e remunerativo mentre le possibilità di identificazione dei responsabili è davvero esigua. Perché conviene “farsi” bruciare il capannone? Perché se nel 2015 occorrevano 80 euro per smaltire una tonnellata di rifiuti, oggi ovvero dopo 4 anni, ne occorrono 240.
Va da sé che gli imprenditori senza scrupoli preferiscono al circuito legale di smaltimento quello messo a disposizione della mafia, più conveniente ed immediato e al costo di un accendino:
”… Nei territori a tradizionale presenza mafiosa diversi traffici illeciti vengono controllati dalla criminalità organizzata – dice la criminologa Serena Favarin – che cerca di riciclare il proprio denaro investendo nell’economia legale e lo fa anche nel settore dei rifiuti. Fonda o rileva aziende che si occupano del trattamento e dello smaltimento ma poi non opera lecitamente… Il capoluogo lombardo genera indotti economici molto grandi, non è quindi così strano pensare che possa attrarre nuovi tipi di criminalità…”.
I cittadini onesti, poi, pagano due volte i danni dei roghi. In primis ci rimettono in salute, basti vedere l’aumento dei tumori nelle maggiori aree a rischio, e poi in soldi poiché le opere di bonifica sono a carico della collettività perché risulta difficile, nove volte su dieci, identificare i responsabili degli incendi a cui dovrebbe essere addebitata ogni spesa per il ripristino dei luoghi a seguito di condanne penali.
Insomma con le fiamme si fanno affari d’oro e la repressione di questa pratica pericolosissima è ancora molto bassa. Occorrono interventi legislativi ancora più stringenti e certezza della pena oltre ad una maggiore disponibilità di uomini e mezzi per le forze dell’ordine.