Dai mancati contributi all'incertezza lavorativa. Facciamo il punto sul teatro dopo il Decreto Franceschini
Quando pensiamo alla categoria degli attori il nostro cervello immediatamente ci porta a immaginare i maestosi set di Hollywood, le quinte del Piccolo di Milano o le strade in bianco e nero della Roma di Fellini. Pensiamo agli attori come dei soggetti eletti, capaci di sdoppiarsi, triplicarsi e lottare contro la propria anima. Invidiamo, probabilmente, in essi la possibilità di poter vivere più esistenze contemporaneamente, mentre noi, diciamolo, a volte facciamo fatica perfino a convivere con noi stessi. Indubbiamente anche gli ingaggi da capogiro che le varie star cinematografiche sono solite percepire procurano nei confronti dei “comuni mortali” una visibile invidia. Questi attori, è vero, vivono vite fuori dal comune, circondati da lusso e comodità e a volte scordano gli anni di gavetta e le difficoltà in cui versano la maggior parte dei colleghi.
Tra contratti fatiscenti, utopistiche pensioni e un costante ricatto occupazionale, l’altra faccia della medaglia del mondo attoriale mostra una situazione dilaniata dalle incongruenze ed erosa dalle mancanze legislative. Fare gli attori, se non si è Robert De Niro o Al Pacino, non è affatto semplice, al contrario, costringe ad alcuni importanti sacrifici che spesso soltanto il profondo amore per questa pratica possono spiegare.
In Italia la situazione non è differente. Governo dopo governo, colore dopo colore, sembra che se non vengano stanziati dei tagli verso la cultura le elezioni siano prive di validità giuridica. L’ultimo governo di Centrosinistra, quello di Renzi e Gentiloni, tramite il Decreto Franceschini si è reso artefice di ulteriori tagli verso il mondo teatrale, che hanno complicato di molto la situazione, producendo una radicalizzazione del malessere tra gli artisti. Proprio in tale contesto nel 2015 prende vita l’esperimento di FACCIAMOLACONTA, un’organizzazione orizzontale che lotta per la tutela dei diritti degli attori.
“FACCIAMOLACONTA nasce in seguito all’incontro tra tutte le realtà del settore, con l’intento di organizzare una risposta compatta e concreta al Decreto Franceschini.” Dichiara il portavoce dell’organizzazione. “Il primo incontro, promosso da Natalia Di Iorio, ha avuto luogo a Roma, presso il teatro Vascello. L’evento, che assumeva l’emblematico nome di “Oltre il 2025”, rappresentava secondo Natalia l’ultima possibilità per lottare con il Decreto e dare nuova linfa vitale al teatro e ai suoi operanti. In caso contrario, secondo l’organizzatrice teatrale e direttrice dell’Associazione Cadmo, entro il 2025 tutte le esperienze di piccola grandezza sarebbero scomparse.”
La proposta Natalia, ovvero di creare dei mini-gruppi di lavoro specifici per settore, non viene accolta con entusiasmo dai circa 100 aderenti.
L’incontro tenutosi al Teatro Vascello, però, non è totalmente fallimentare, al contrario, possiede in essere i geni per il nuovo progetto. “Abbiamo deciso di proseguire ugualmente nella pianificazione e nella creazione di un organismo che si occupasse delle problematiche attoriali. Per dare più credito alla nostra protesta è stato deciso di non coinvolgere solamente gli attori non occupati, già soggetti a malessere, ma di dare grande risalto anche a chi era già attivo, con l’intendo di mostrare l’organicità dei problemi avvertiti sia dai disoccupati che dagli occupati.”
La lotta dell’ex gruppo “Oltre il 2025”, ormai “FACCIAMOLACONTA”, si articola in una serie di rivendicazioni ben precise: dalla centralità della figura dell’artista e la perdita del FUS – Fondo unico per lo spettacolo – se non congruo al CCNL, fino alla richiesta di estensione dei diritti e tutele dei subordinati anche ai lavoratori autonomi dello spettacolo, passando per la definizione di una percentuale preponderante dei fondi statali del FUS, erogati ad ogni ente, da dedicare alla produzione teatrale e all’impegno diretto degli artisti (nella misura del 60% o 70%).
“Sono stati tanti i gruppi politici che si sono avvicinati al collettivo. Dal Movimento 5 Stelle fino al PD abbiamo partecipato a vari tavoli esplorativi, rendendoci conto dell’ignoranza diffusa in materia. È abbastanza paradossale che chi detiene le redini della politica abbia chiesto a noi delle delucidazioni in merito, non conoscendo né le problematiche né le possibili soluzioni da attuare al problema. Noi dovremmo occuparci di arte, non dei problemi legislativi. Per quella dimensione dovrebbero esserci organi proposti. Una volta, ad un tavolo con gli esponenti del PD, quando abbiamo sottolineato che l’origine primaria del male per la categoria risiede nel Decreto Franceschini, i partecipanti ci hanno guardato con sgomento e probabilmente con imbarazzo. Neanche loro conoscevano nello specifico i danni che tale Decreto aveva recato al mondo del teatro.”
La costante crescita dell’organizzazione -attualmente i membri sono circa 1300 – qualifica il collettivo FACCIAMOLACONTA come la voce più autorevole in campo dei diritti e lotte per gli attori.
“Con il Decreto Franceschini -aggiunge il rappresentante dell’organizzazione- sono state inserite delle clausole che hanno di fatto danneggiato la circuitazione teatrale. Il Decreto ha favorito i grandi Stabili teatrali e le fondazioni, ovvero le poche entità pubbliche. Allo stesso tempo ha distrutto invece le produzioni private e il piccolo associazionismo, che da sempre hanno rappresentato la colonna portante del teatro in Italia. Sostanzialmente, gli Stabili sono stati obbligati, per accedere ai medesimi fondi pubblici del periodo precedente al Decreto, a dimostrare la produzione di un quantitativo di spettacoli obiettivamente esagerato. Questo ha fatto sì che i cachet si siano abbassati per tutti, e di conseguenza essendoci meno fondi, anche il numero degli attori all’interno delle compagnie si è ridotto. Vari teatri, inoltre, per sopperire a questa situazione hanno rinunciato alla tradizione teatrale italiana del cosiddetto “teatro di giro” – ovvero la pratica di comprare uno spettacolo da una compagnia esterna al teatro –, per favorire la produzione in loco. Questo – continua il portavoce – ha avuto come risultato il fatto che molti teatri iniziassero ad acquistare gli spettacoli già ultimati, ideati provati e finanziati autonomamente dalle piccole compagnie, facendoli figurare come produzione interna, evitando così di pagare tutta la parte di concepimento: dalle prove (così come previsto dal CCNL), alle spese d’allestimento, fino ai versamenti contributivi. In pratica ad un attore, in questa maniera, vengono riconosciute come giornate lavorative solo le serate dello spettacolo e non le numerose giornate di prova impiegate per la realizzazione dello stesso. Le compagnie solitamente accettano questo “ricatto occupazionale” nella speranza che con il marchio del teatro possano avere dei vantaggi per la circuitazione successiva del prodotto. Ma siccome la legge non favorisce questo aspetto, solitamente, dopo i tre/quattro giorni di gloria regalata del teatro, lo spettacolo muore. Per sopperire, dunque, alle nuove richieste del Decreto Franceschi i teatri sono stati costretti a ripiegare su queste produzioni usa e getta, che hanno strozzato e mutando la genetica del teatro all’italiana. Secondo molti produttori privati – conclude il portavoce – il teatro italiano dopo questo Decreto sta morendo. Ritrovarsi Franceschini nuovamente al governo dopo le varie manifestazioni, interventi al Senato e alla Camera, è sintomatico di disattenzione e del non ascolto istituzionale.”
La frustrazione e la stanchezza negli occhi dei ragazzi del collettivo sembra tanta. Sicuramente uno degli aspetti più problematici è la mancanza di comunicazione tra i lavoratori della cultura e le istituzioni. Anche le agevolazioni che sono state concepite per gli artisti sembrano non rispecchiare gli interessi e le problematiche della categoria. “Sono state inserite delle agevolazioni per chi assume attori under 35. Il problema – continua il rappresentante di FACCIAMOLACONTA – è che il teatro è una dimensione intergenerazionale. Se io sono l’attore che sono ora, molto lo devo anche agli insegnamenti delle persone più grandi di me, che in particolar modo all’inizio della carriera mi hanno aiutato a comprendere meglio questo lavoro. E anche i miei diritti. In più, ora, chi ha 35 anni e un giorno si trova inevitabilmente fuori mercato. In tale maniera si mette al primo posto la questione economica/anagrafica e al secondo la bravura del teatrante e dunque la qualità finale del prodotto. Infatti, con il Decreto, si è voluto favorire l’apertura di piccole scuole private, così da poter immettere sul mercato sempre nuovi giovani con una esile coscienza lavorativa che possono essere sfruttati più facilmente. Ciò ha creato delle sacche di disperazione importanti.” La risoluzione del problema appare ancora distante. È indubbio che negli ultimi decenni l’interesse dedicato alla cultura da parte delle istituzioni ha visto una notevole contrattura. I rammarichi in tal senso rimangono tanti, ma i ragazzi del collettivo FACCIAMOLACONTA sono pronti a proseguire la lotta. C’è da giurarci.