L’azienda di Elon Musk punta a costruire canali di comunicazione diretta uomo-computer e a intervenire nella cura di SLA e Parkinson.
Roma – Un “chip” è stato introdotto in un cervello umano. Ne vale la pena? La tanto attesa notizia è arrivata, suscitando entusiasmo tra gli addetti ai lavori. A riferirlo è stato il noto magnate Elon Musk , uno dei fondatori dell’azienda statunitense di neurotecnologie Neuralink, che già da anni era impegnata in questo progetto. Forse solo la fervida fantasia di Isaac Asimov, uno dei maggiori scrittori di fantascienza, nonché ideatore delle leggi della robotica, poteva partorire un simile evento! Lo scopo, poiché la retorica motivazione pare orientata alla… filantropia, è la cura dei disturbi neurologici, come la SLA o il Parkinson.
Santo subito! I primi risultati, a detta dell’azienda, sembrano incoraggianti. L’obiettivo è il controllo dei dispositivi tecnologici col pensiero. Da qui a spostare gli oggetti è un attimo! Fino all’evento miracoloso, Neuralink aveva praticato le sue ricerche utilizzando animali. Questo fatto ha suscitato le rimostranze degli animalisti secondo cui l’azienda ha violato “l’Animal Welfare Act”, la legge sul benessere degli animali, che regola il trattamento sugli animali soggetti ad esperimenti. Nel 2021, una scimmia, nel cui cervello era stato installato un chip, si mostrò capace di giocare da sola ad un videogame. L’azienda è stata indagata dalla “Securities and Exchange Commission”, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle borse valori, perché, pare, che gli investitori siano stati raggirati sulla sicurezza della sua tecnologia.
I registri veterinari, infatti, avevano sottolineato gli effetti degli impianti sulle scimmie, che avevano manifestato paralisi, convulsioni e gonfiore del cervello. C’è da segnalare che per impiantare il “chip” nel cervello di una persona è necessario un intervento chirurgico invasivo. L’azienda, nel maggio scorso, ha dichiarato di essere stata autorizzata al test dalla Food and Drug Administration (FDA). Si tratta dell’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli USA.
E’ solo la prima tappa di un percorso di diversi cicli di raccolta dati e test di sicurezza per ottenere l’approvazione finale della FDA, prima della commercializzazione. Una notizia diffusa dalla Reuters, agenzia di stampa britannica, all’inizio dell’anno, ha messo in luce i comportamenti non certo cristallini della Neuralink. L’azienda, infatti, è stata multata per violazione delle norme del Dipartimento dei Trasporti (DoT) degli USA, riguardanti la movimentazione di materiali pericolosi. Le ispezioni hanno constatato che l’azienda non aveva la registrazione come trasportatore di rifiuti di questo tipo.
Inoltre, è stato individuato un imballaggio contenente Xilene, un liquido infiammabile utilizzato come solvente. Come hanno specificato i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), agenzia federale degli USA, si tratta di una sostanza che può provocare emicranie, vertigini, perdita di coordinazione muscolare, confusione e, in ultimo, la morte. Al di là di questi aspetti che dimostrano, comunque, la poca trasparenza del management, è il raggiungimento del traguardo ad ogni costo che stride. Qualunque progresso tecnologico e scientifico va ottenuto ponendo dei limiti etici e morali e non vale il sacrificio di nessun essere vivente!