La “passione” di don Giovanni: prima le botte, poi l’auto in fiamme

L’attentato segue l’aggressione subita dal parroco di Varapodio, finito in ospedale perché pretendeva il rispetto delle disposizioni anti-assembramento.

VARAPODIO (Reggio Calabria) – Dopo la vile aggressione in chiesa gli bruciano anche l’auto. Non c’è pace per don Giovanni Rigoli, 38 anni, parroco della chiesa di Santo Stefano di Varapodio, paese della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Nel tardo pomeriggio dello scorso 3 febbraio ignoti malviventi incendiavano la Fiat Panda di proprietà del presbitero mentre in parrocchia si trovavano poche persone. Le fiamme, probabilmente appiccate con carburante, si sono subito alimentate e hanno danneggiato anche parte della canonica. Sul posto si portavano i carabinieri della locale stazione e i vigili del Fuoco che prontamente spegnevano l’incendio al termine del quale il veicolo andava completamente distrutto. Il 15 gennaio scorso il prete era stato aggredito in chiesa durante la celebrazione di un rito funebre a distanza.

Don Giovanni Rigoli in chiesa

Don Giovanni, a seguito di presunte disposizioni anti-assembramento impartite dalla Curia al fine di evitare il contagio da Covid e virus influenzali, avrebbe richiamato più volte i parenti della vittima, per altro deceduta in Australia, che si stavano scambiando le condoglianze con strette di mano e abbracci vicino alla foto della parente passata a miglior vita, ubicata dove solitamente si posiziona il feretro. Per tutta risposta due persone, spalleggiate da altri congiunti, avrebbero aggredito don Giovanni a testate e immobilizzandolo dai polsi per poi farlo cadere sul pavimento. Da indiscrezioni si è venuto a sapere che dopo il primo contatto fisico con il parroco l’aggressione si sarebbe fatta ancora più violenta quando Rigoli, con il suo telefonino, avrebbe chiamato il 112 per chiedere aiuto ai carabinieri.

A quel punto un uomo gli avrebbe strappato dalle mani il cellulare mentre un’altra persona lo avrebbe colpito con un’altra testata in faccia. Il parroco stramazzava sul sagrato con il volto tumefatto ed ematomi in diverse parti del corpo tanto da ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso e una volta dimesso lo stesso Rigoli sporgeva denuncia contro due individui che forse già conosceva. I carabinieri, con un’indagine lampo, avrebbero identificato i presunti responsabili dell’aggressione ovvero due cugini residenti a Varapodio e Taurinova.

Chiesa di Santo Stefano in Varapodio

militari, coordinati dalla Procura di Palmi, hanno acquisito e analizzato le videoregistrazioni delle telecamere della zona e ascoltato i testi presenti al rito funebre. Sulla scorta delle risultanze investigative i due uomini, di cui uno già noto agli investigatori perché denunciato per oltraggio a pubblico ufficiale, venivano iscritti sul registro degli indagati per lesioniviolenza privata e turbamento di funzioni religiose. Dalla parte del parroco si sono schierati i cittadini del paese e le istituzioni ai vari livelli mentre rimane poco chiara la presunta disposizione antiCovid del vescovo in merito al divieto di assembramenti ormai non più obbligatorio e comunque di competenza delle autorità sanitarie e non di quelle ecclesiastiche.

” Atteggiamenti aggressivi di questo genere sono frutto di una cultura mediocre che non appartiene al nostro Paese – ha detto Orlando Fazzolari, sindaco di Varapodio – siamo sprofondati, dobbiamo reagire con coraggio e determinazione, Varapodio non è questa, purtroppo la nostra immagine di paese eccellente ha subito una brutta inclinazione, adesso basta, dobbiamo reagire compatti per riappropriarci della nostra serenità…”.

La Fiat Panda del parroco completamente distrutta

Anche i sindaci del circondario hanno inviato al parroco messaggi di solidarietà, gli stessi che il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, monsignor Giuseppe Alberti, ha esternato nei riguardi di don Giovanni:” Sono profondamente colpito dalle notizie che arrivano – ha detto l’alto prelato – a proposito dell’incendio che ha distrutto l’auto di don Gianni Rigoli, danneggiando la canonica di Varapodio e mettendo in pericolo le persone che vi erano dentro….

Il 17 gennaio scorso, sul profilo Facebook di Mario Madafferi, verosimilmente parente della defunta di cui si celebravano le esequie a distanza, appariva un comunicato stampa in cui si racconta una versione dei fatti assai diversa:

Il sindaco Orlando Fazzolari

“Con riferimento ai fatti accaduti in chiesa il giorno 15/01/2024, la famiglia Madafferi precisa quanto segue: ci stavano preparando ad assistere alla Santa messa in memoria di una nostra congiunta morta in Australia qualche giorno addietro, allorquando si è avvicinato il parroco di Varapodio per chiederci di togliere la fotografia della defunta posta nel luogo dove solitamente viene poggiata la bara durante i riti funebri; la richiesta ci è sembrata tanto strana quanto inopportuna, considerato che la messa era stata chiesta in memoria della nostra cara defunta, che per l’occasione fungeva da funerale, e pertanto erano accorsi a far visita ai parenti alcune centinaia di persone di Varapodio e dei paesi vicini.

La richiesta del parroco non ha avuto seguito, non per mancanza di rispetto, bensì perché la nostra tradizione, tramandata nei decenni, ci ha sempre fatto fare cosi, pertanto c’é sembrata alquanto strana. Per tale rifiuto il parroco si è arrabbiato e non ha nemmeno celebrato la Santa Messa. Al termine delle esequie religiose, celebrate da altro parroco, come da tradizione, la nostra famiglia si e’ messa in fila nel posto dove avviene il rito delle condoglianze per ricevere il saluto da parte di tutte le persone che per l’occasione erano accorse al funerale…

Il parroco per la seconda volta si è avvicinato chiedendoci di sospendere la stretta di mano e di accomodarci fuori dalla chiesa, anche in questa occasione, vedendo che non avevamo dato seguito ad un suo ordine, ha tirato fuori il telefono ed ha incominciato a fare foto ai presenti, minacciando denunce contro tutte le persone che stavano eseguendo il rito delle condoglianze. Abbiamo chiesto umilmente di farci onorare la nostra cara defunta in maniera dignitosa ed invece di accogliere la nostra giusta e sacrosanta richiesta ha continuato ad inveire contro tutto e tutti senza alcun rispetto né per i morti, né tantomeno per tutte le persone presenti in chiesa…

Il comunicato stampa della famiglia Madafferi pubblicato su Facebook

Solo a questo punto, non potendone più, alcuni nostri familiari si sono avvicinati per calmarlo e farlo ragionare ed anziché fermarsi ha ulteriormente alzato il tono della voce facendo precipitare la situazione. Questa è la pura e semplice verità, pertanto siamo amareggiati per quanto accaduto, siamo mortificati per la piega che ha preso questa incresciosa vicenda e siamo pronti a confrontarci con chiunque abbia a cuore di conoscere la verità; eravamo in chiesa per onorare una nostra parente e siamo stati insultati dal parroco con frasi del tipo: togliete questa foto perché non state celebrando una santa!!! Vorremmo sottolineare che in chiesa non ci sono padroni, bensì dovremmo essere, umilmente, tutti servi della vigna del Signore ed ognuno di noi ha il diritto di manifestare la propria fede senza alcuna limitazione o autorizzazione. Confidiamo molto nell’aiuto delle telecamere che potranno dimostrare la nostra innocenza e buona fede, ma soprattutto potranno smentire tutta la pubblicità negativa che si è abbattuta contro la nostra famiglia!..”.

Sarà la Procura e poi il tribunale, qualora si vada in giudizio, a scrivere la parola fine su questa strana vicenda che, al di là dei protagonisti e del grande clamore mediatico e politico, rimane ancora poco chiara e con diversi punti oscuri.

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