Daouda Diane testimone scomodo?

Il mediatore culturale di Acate, di origini ivoriane, sposato e padre di una bambina, spariva come un fantasma dopo aver girato un video, girato a familiari e amici, nel quale denunciava le precarie condizioni di lavoro all’interno di una ditta di calcestruzzi. Nonostante l’intensa attività investigativa non ci sarebbero elementi nuovi.

ACATE (Ragusa) – L’inchiesta sulla scomparsa di Daouda Diane, ivoriano di 37 anni, mediatore culturale e operaio edile, sposato con un figlio di 9 anni, potrebbe trasformarsi in cold-case. Diane era sparito come un fantasma il 2 luglio 2022 da Acate, grosso centro agricolo del Ragusano. L’ultimo segno di vita dell’uomo un paio di video che l’operaio avrebbe girato e poi inviato con il telefonino ai suoi familiari in Costa D’Avorio nei quali denunciava le precarie condizioni di lavoro a cui era costretto all’interno della ditta SGV Calcestruzzi Srl di Acate dove sarebbe stato assunto come puliziere senza contratto regolare.

L’ivoriano, alle 14.30 dello stesso 2 luglio, rivelava a congiunti e amici di lavorare senza tutele previdenziali e assicurative per pochi euro al giorno. I video sono stati girati all’interno dell’azienda edile da cui si presume sia poi sparito Diane nonostante non vi siano prove di una scomparsa sul vero senso della parola:

“Ecco dove il ‘vostro europeo’ lavora: alla fabbrica del cemento, dove c’è la morte – scriveva sul suo telefonino il povero Diane – E’ qui che ci mettono. Bisogna dire la verità…”.

Il mediatore culturale scomparso nel nulla

Da quel momento del mediatore culturale si perderanno le tracce mentre dopo i primi accertamenti la Procura di Ragusa aprirà un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario e occultamento di cadavere iscrivendo sul registro degli indagati Gianmarco Longo, titolare del cementificio di Acate, moglie e figlio. Durante le ricerche si erano fatte diverse ipotesi, tutte cadute nel vuoto. Da escludere sin da subito la sparizione volontaria poiche Diane non aveva mai manifestato intenzioni in tal senso anche perchè aveva acquistato un biglietto aereo per raggiungere a breve i suoi familiari in Costa D’Avorio dunque perchè fuggire chissà dove?

Ma ci sarebbero stati anche altri filoni d’indagine che, a suo tempo, aveva indicato l’avvocato Mirko La Martina, legale di fiducia della famiglia Longo, titolari della SGV Calcestruzzi.

Proprio Gianmarco Longo aveva sempre negato che Diane si trovasse in azienda per lavoro, piuttosto il mediatore culturale avrebbe chiesto una qualsiasi occupazione in maniera insistente e dopo i primi dinieghi gli sarebbe stato concesso di spazzare il piazzale dell’azienda edile. Sotto certi aspetti, però, anche questo doveva essere considerato un lavoro in piena regola dunque sottosposto a contratto e alle relative tutele che prevede la legge:

L’azienda di calcestruzzi di Acate dove sarebbe sparito Daouda

“La Procura di Ragusa ha spesso fatto appello per abbattere il muro di omertà su questa vicenda – aveva detto alla stampa l’avvocato La Martina – Ma sono certo che la Procura si riferisce a tutti i filoni d’indagine non solo alla famiglia Longo. Le indagini sui miei assistiti sono state accurate, anzi sono stati proprio loro a chiedere che venissero effettuati tutti gli accertamenti. Poichè Daouda era stato visto, l’ultima volta, nel cementificio, solo indagini minuziose avrebbero permesso di escludere, oltre ogni ragionevole dubbio, ogni coinvolgimento della famiglia e dell’azienda. Gli inquirenti hanno passato al setaccio l’azienda, le abitazioni, le pertinenze, i telefoni cellulari, i computer, i mezzi di trasporto, persino i vestiti. Non è emerso assolutamente nulla. Bisogna quindi puntare anche su altre piste”.

Ma c’è di più. Pare infatti che Daouda Diane, oltre che ai suoi parenti, fratello compreso, abbia inviato i due video, poi finiti su Facebook, anche al suo coinquilino di Acate:

“In uno dei video l’ivoriano dice: ecco dove ‘Binguiste’, che in ivoriano significa ‘Africano che vive in Europa’ lavora – aggiunge La Martina – e continua dicendo ‘bugiardo‘ e ‘maledetto‘. L’ivoriano è un mediatore culturale e guadagna circa 1.300 euro al mese. Perché affermava di lavorare al cementificio dove si era recato solo due volte? Sarebbe importante sapere a chi si rivolgesse nel video…Sappiamo che Daouda aveva in corso un procedimento penale come persona offesa per il reato di minacce da parte di un’altra persona straniera. Anche questo è un elemento da attenzionare…”.

La Procura iblea, a suo tempo diretta dal procuratore Fabio D’Anna, oggi procuratore generale a Caltanissetta, aveva dato contezza di indagini precise e puntuali ovviamente orientate a tutto tondo:

Abbiamo indagato in tutte le direzioni svolgendo accurate indagini tecniche – aveva dichiarato il procuratore D’Anna a suo tempo – Non è emerso nessun dato che ci porti a imboccare una pista precisa. Tutte le ipotesi sono aperte. Le indagini non si sono mai fermate: si è passato al setaccio il cementificio e le abitazioni, sono stati controllati alcuni terreni di proprietà dei titolari del cementificio, sono stati acquisiti cellulari, computer, vestiti. Non è emerso nessun indizio…”.

Una delle manifestazioni di lavoratori ragusani contro lo sfruttamento nel comparto agricolo e non solo

La vicenda ha riportato alla ribalta delle cronache il caporalato, lo sfruttamento della manodpera proveniente dai paesi africani e la rete criminale che gestisce le attività illegali nel comparto agricolo. E nella zona di Acate, nell’entroterra ragusano e in diversi paesi costieri dove “regnano” le colture in serra, questi fenomeni devianti sono particolarmente diffusi e radicati:

“Siamo in costante contatto con la moglie Awa e il fratello di Daouda – dice Michele Mililli, segretario del sindacato Usb di Ragusa – Sappiamo che stanno male: hanno perso le speranze di ritrovarlo vivo e non riescono a spiegarsi come sia potuta succedere una cosa del genere. In effetti, è inspiegabile…Tra i migranti impiegati nelle serre della zona, l’allerta non si attenua. C’è in loro una profonda insicurezza, una preoccupazione e una rabbia dovute all’incertezza su questa vicenda mista alla paura che la stessa cosa possa capitare anche a loro…”.

Daouda con la moglie Awa nel suo Paese

La denuncia della scomparsa di Diane era stata presentata con qualche giorno di ritardo dai dirigenti della cooperativa dove l’ivoriano lavorava come mediatore culturale, preoccupati della sua ripetuta assenza e delle mancate risposte al cellulare. Anche questo particolare avrebbe nociuto all’avvio delle indagini che più tempestive sono, in questi casi, meglio è.

Le attività investigative si sono concentrate nell’ambito della ditta di calcestruzzi i cui responsabili appartengono ad una famiglia legata ad ambienti malavitosi. Carmelo Longo, padre dell’attuale amministratore dell’impresa edile viscaràna, è fratello di Giovanni, arrestato il 24 ottobre del 2019 durante l’operazione di polizia denominata “Plastic free”, condotta dalla Squadra Mobile iblea e coordinata dalla DDA di Catania, che aveva scoperto le attività illegali del clan mafioso Carbonaro-Dominante di Vittoria. In quell’occasione i reati ipotizzati furono quelli di associazione mafiosa (tranne che per Giovanni Longo, illo tempore ristretto ai domiciliari), estorsione pluriaggravata, detenzione di armi e traffico illecito di rifiuti.

I fratelli Longo, Carmelo e Giovanni, sono figli di Salvatore Longo, morto ammazzato il 14 novembre del 1990 ad Acate in un agguato di stampo mafioso nel quale rimase ferito gravemente anche Massimo Leonardi, diciottenne all’epoca dei fatti e suo collaboratore. Longo era stato raggiunto alla testa da diversi proiettili esplosi da un’auto in corsa dopo un inseguimento sulla provinciale Acate-Caltagirone. La vittima, un anno prima, era scampata ad un altro agguato armato.

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