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In fuga da Putin per finire in braccio agli amici di Hamas

Neanche il tempo di gioire per aver sostituito il gas russo con quello algerino e si scopre che il Paese è tra i primi a schierarsi con i Palestinesi.

Roma – Hai voglia a sventolare le bandiere israeliane, e a condannare il rigurgito di antisemitismo che appesta l’Europa, quando il tuo principale fornitore di gas è il Paese più vicino alle posizioni palestinesi e se non bastasse continua imperterrito ad essere amico di Mosca.

E’ come cacciare Putin dalla porta e ritrovarselo in salotto passato dalla finestra. Oltretutto i miliardi di metri cubi di gas comprati ad Algeri ci costano più di quelli che arrivavano dalla Russia. Oltre al danno, dunque, la beffa, mentre le famiglie italiane assistono al terzo aumento consecutivo del costo del gas – pare che sia tutta colpa della speculazione – e per molte la bolletta energetica è diventata insostenibile quasi quanto il carrello del supermercato eroso dall’inflazione.

Il gas di Algeri, altro che a buon mercato

Che faremmo se in un futuro nemmeno tanto remoto, dio ce ne scampi, il conflitto medio orientale diventasse un incendio allargato a tutta la regione e paesi come l’Algeria facessero una precisa scelta di campo militare contro Israele? Torneremmo da Putin scegliendo il male minore del momento o ci costringeremmo al giro delle sette chiese con il cappello in mano alla ricerca di un fornitore eticamente pulito fino a prova contraria?

Si parla tanto, a volte a sproposito, di piano Mattei per l’Africa, dimenticandoci che il manager marchigiano nel tendere la mano a paesi appena usciti dall’incubo coloniale aveva pur sempre come stella polare l’interesse primario del sistema Italia. Non per nulla andò oltrecortina a firmare accodi con i sovietici che allora, in piena Guerra Fredda, erano considerati in Occidente diavoli ancor peggiori di Putin e Hamas. E sempre Mattei non ebbe remore a mandare al diavolo le “sette sorelle” anglosassoni del petrolio per affrancare il Belpaese da contratti che considerava capestro. Si dirà: però hai visto come è finito, morto in un incidente aereo che somiglia tanto ad un attentato. Sì, ma vivaddio con la schiena dritta. E comunque dopo di lui il diluvio, il Paese non ebbe più una sua politica energetica autonoma. Soltanto dipendenza e sudditanza.

Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune con Giorgia Meloni

Non sarà che a furia di fare gli atlantisti ad ogni costo ci siamo ridotti a inseguire come tanti gattini ciechi gli interessi di Joe Biden, perdendo di vista la lezione regina di Mattei: la politica estera deve coincidere con quella energetica, perché un Paese senza energia non sarà mai libero? E una seria politica energetica non può funzionare come un flipper, saltando impazzita da una parte all’altra secondo le convenienze o gli ordini dall’alto del momento. Non è che abbiamo finito per confondere il padrone con l’amico? Perché quest’ultimo a differenza del primo ti lascia libero, un rapporto differente si chiama servitù non fedeltà.

Nessuno vuole negare l’aggressione della Russia all’Ucraina e il diritto sacrosanto di Kiev di difendersi e la scelta dell’Occidente di sostenerla, ma sanzioni e cambi di forniture in corso d’opera avrebbero probabilmente meritato una più attenta valutazione in termini di conseguenze interne ad ogni Paese, Italia in primis. Proprio guardando alla lezione di Mattei.

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