Sarebbe la fine di un’epoca: le “public house” non sono solo birra e freccette, ma un fondamentale punto d’aggregazione per le comunità.
Roma – I Pub inglesi a rischio scomparsa. Lo sviluppo sociale produce cambiamenti repentini e, a volte, feroci. E come è capitato con l’evoluzione delle specie viventi, alcune di esse si estinguono, come, ad esempio i dinosauri. La stessa sorte può capitare ai pub inglesi, che sono a rischio estinzione. Me se è vero che “nomen omen, ovvero il “nome è un presagio”, come dicevano i nostri padri latini, allora la questione non è priva di conseguenze. Infatti, il pub, in Inghilterra, è definito una “public house”, un casa pubblica e, generalmente è un locale dove vengono servite bevande alcoliche, soprattutto birra da consumarsi in loco, comodamente seduti. Col tempi questo tipo di locali si sono diffusi in tutto il mondo.
Una peculiarità fondamentale è rappresentata dal fatto che nelle piccole cittadine britanniche sono il centro della vita della comunità. In molti di essi si svolgono anche eventi culturali, soprattutto musicali. Ma, non mancano anche quelli teatrali e di cabaret. Se sono forniti di stanze per la notte, vengono definiti “inn”, taverna. La tradizione vuole che siano dotati di giochi per gli avventori, come, ad esempio, freccette, birilli, carte e biliardo. Anche se, col l’avvento della tecnologia, sono stati sostituiti da altri, come i videogiochi e le slot machine. Se si pensa che nel Regno Unito raggiungono la significativa cifra di 60 mila unità, in pratica uno in ogni città o paese, allora si comprende perché sono dei veri e propri luoghi sociali e di aggregazione.
Quindi, un luogo non di sola mera vendita di birra, ma anche di relazioni umane, affettive, conflittuali, di riunioni sportive, politiche o sindacali. La responsabilità non è solo della mannaia tecnologica. Anche i fattori economici stanno contribuendo non poco a contribuire alla dipartita del… “paziente”. L’andamento dell’inflazione e la crisi legata alla “Brexit” (l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea) stanno recitando un luogo decisivo. I dati dell’ufficio nazionale di statistica hanno evidenziato come più di due pub al giorno, nella prima metà di quest’anno, sono stati costretti ad “abbassare la cler”, come si suole dire a Milano. Ovviamente una spinta verso il… precipizio è stata data dalla chiusura forzata a causa della pandemia. Il consumatore ha subito dei piccoli cambiamenti, essendosi abituato a stare a casa, mentre altri preferiscono frequentare i “wine bar”, preferendo gustare un buon bicchiere di vino invece che un boccale di birra. Inoltre, gli aumenti dei costi di energia e materie prime e la difficoltà a reperire personale nella ristorazione, problema comune in tutta Europa, hanno dato il colpo finale.
Alcuni sono stati demoliti per essere trasformati in abitazioni, altri sono in attesa di riqualificazione. Ma si stanno formando delle associazioni che si oppongono al disastro, offrendo una ricetta per salvare il… malato. Una di esse, la “Campaign for Pubs” ha suggerito nuove regole per la demolizione di un pub chiuso, che deve essere sottoposta al rilascio, da parte delle autorità, di un permesso speciale. Lo scopo è il disincentivo della destinazione d’uso per frenare la trasformazione in abitazione. Molte agenzie immobiliari si sono lanciate sulla preda come iene fameliche, favorite dalla grande penuria di suolo per edificare. Molti proprietari hanno preferito incassare subito le somme offerte. Come dire “pochi, maledetti e subito”, prima che la situazione peggiori.
Un aspetto su cui le associazione a difesa dei pub stanno puntando, è la richiesta al governo di prorogare il taglio del 75% delle tasse relative all’ occupazione di suolo, in quanto l’inflazione peserà sul quadro complessivo delle imposte da pagare. L’augurio è che si riesca a sostenere e la “cultura del pub,” con aiuti fiscali ed incentivi per evitare la chiusura. Si eviterà di avere maschi imbronciati e senza punti di riferimento.