Siamo abituati ormai a vedere in giro, a tutte le ore del giorno e della notte, milioni di persone con un aggeggio in mano, con cui ascoltano, parlano e comunicano.
Roma – Con gli auricolari ben fissi nelle orecchie e la mano sempre presente sullo schermo, sembra di vedre tanti zombi che vagano alla disperata ricerca di non si sa che. Sempre in collegamento con qualcuno e pronti a scattare qualsiasi foto, pure la più banale e mandarla ad amici e conoscenti. Sono gli schiavi della tecnologia. E il loro unico incontrastato “padrone “ è lo smartphone. Avranno sicuramente, a lungo andare, dolori al collo, per essere stati per tante ore nella stessa posizione. E meno male che è definito letteralmente “telefono intelligente”.
Se non lo fosse, non oso pensare gli effetti! Si tratta, com’è noto, di telefoni cellulari con capacità di calcolo, memoria e connessione dati, basati su un sistema operativo per dispositivi mobili. Pare che siano venuti dal cielo alla terra a “miracol mostrare”, tanto per parafrasare il sommo poeta Dante Alighieri e ad aprirci le porte dell’eden. Sono talmente diffusi che fanno parte della costituzione fisica di ognuno di noi. Il guaio è che non si riesce a distaccarsene.
Tanto che ipotizzare una persona col telefono scarico, senza caricabatteria o di stare in una zona senza campo, che si faccia prendere dall’ansia o, peggio, dal panico, non è molto lontano dalla realtà. Addirittura, ci sono individui che vengono presi da una forma di inquietudine al solo pensiero che possa capitare tutto questo. In questo caso il problema si fa molto serio. Significa, allora, che, si è colpiti da ”nomofobia”, quella sensazione di panico che si presenta alla sola idea di essere irrintracciabili, di non poter sapere cosa è stato condiviso e da chi, dove si trova l’altra persona e con chi è. I
l termine deriva da “no mobile phone” e “fobia”, ovvero il timore di restare senza telefono. Gli esperti, più che un disturbo, la definiscono una vera e propria dipendenza. Quando sul cellulare appare una modifica, cresce il livello della dopamina, una molecola organica che serve al controllo del movimento, della capacità mnemonica e dell’umore. Assaliti da un impulso irrefrenabile di controllare in maniera compulsiva se c’è qualcosa che possa interessarci, si mette in moto un meccanismo identico al giocatore d’azzardo. Questa dipendenza provoca disagio e nervosismo nei casi più lievi e angoscia in quelli più gravi. Il fenomeno sta crescendo moto rapidamente, tanto che “Apple”, una delle aziende “Big tech” mondiali, ha inserito sui suoi prodotti l’invito a “regolare il tempo di utilizzo” ed Instagram, uno dei più diffusi servizi di rete sociale, abbia introdotto la funzione “Prenditi una pausa”.
Sembrano gli stessi meccanismi utilizzati dalle aziende produttrici di sigarette che sui pacchetti scrivevano “Il fumo nuoce gravemente alla salute”. Il rimedio? Buttare le sigarette e lo smartphone, almeno in vacanza. Ritorniamo al suo autentico significato etimologico: da “vacatio”, “vuoto”. Un vuoto che sa di liberazione dal lavoro e dagli altri vari impegni, quindi anche dallo smartphone!