Picciuli ‘un ci n’é. Due colpi a “saldo”

Finisce nel sangue un contenzioso tra il proprietario di casa e l’affittuario moroso. La questione tra i due si protraeva da tempo con la vittima che, a più riprese, si rifiutava di saldare le mensilità in sospeso. Due colpi di calibro 12 a “saldo” della tragica vicenda.

BOCCADIFALCO (Palermo) – Lo ha fulminato sotto casa con due colpi di fucile da caccia perché da sei mesi non pagava l’affitto. Poi è fuggito rifugiandosi in un centro commerciale dove è stato raggiunto e arrestato dai carabinieri. Sul portone di casa, in via Mulino 32, a Boccadifalco in provincia di Palermo, è stramazzato al suolo in un lago di sangue Aleandro Guadagna, 32 anni, muratore, sposato con tre figli.

L’uomo, il 10 maggio scorso, era appena sceso in strada quando sarebbe stato affrontato dal padrone di casa, Giuseppe La Corte, 77 anni, originario di San Martino, frazione di Monreale, sempre nel Palermitano. I due avrebbero iniziato a litigare come altre volte e pare che Guadagna abbia reagito energicamente all’invito di saldare le mensilità in sospeso:”Picciuli ‘un ci n’è (soldi non ce en sono, ndr), è inutile che vieni”, avrebbe detto la vittima al padrone di casa come altre volte. La Corte, che era armato di un fucile da caccia tenuto nascosto, avrebbe atteso il suo conduttore moroso davanti casa per almeno una mezz’ora. Evidentemente conosceva gli orari del muratore ma per essere sicuro di ammazzarlo si sarebbe recato in via Mulino con congruo anticipo. Sino all’omicidio che non ha concesso via di scampo alla vittima, morta sul colpo.

Il luogo del delitto – Foto Igor Petix

I familiari di Guadagna allertavano il 112 e sul posto si recavano gli inutili soccorsi del 118 e i carabinieri del nucleo Investigativo, diretti dal tenente colonnello Salvatore Di Gesare, che hanno subito ricostruito i retroscena del delitto: alcuni testimoni oculari avrebbero raccontato di pregresse liti fra i due uomini per gli affitti non pagati. I militari poi si recavano in casa di La Corte ma l’uomo non c’era. Sembra che alcune ore prima dell’omicidio l’uomo avesse scritto una lettera dal contenuto drammatico, nella quale annunciava che si sarebbe occupato delle mensilità insolute con l’inquilino di via Mulino. Nessuno dei congiunti poteva però immaginare che la cosa sarebbe finita in tragedia. La missiva sarebbe stata repertata dagli investigatori che, subito dopo, si sarebbero recati presso il centro commerciale La Torre” dove hanno bloccato il presunto assassino che aveva ancora in auto il fucile utilizzato per compiere il delitto.

Il Pm Giorgia Righi disponeva il tampon-kit per l’indagato e tutta una serie di accertamenti sull’arma e sulle cartucce ritrovate nel bagagliaio dell’auto di La Corte che veniva trasferito in carcere. Il Gip palermitano Nicola Aiello, durante l’udienza di convalida del fermo, siglava la detenzione in carcere del pensionato richiesta dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dallo stesso Pm Giorgia Righi che coordinano l’inchiesta. La Corte ha reso la sua versione dei fatti ricca di particolari:

”Negli ultimi due anni – ha detto l’indagato davanti ai magistrati – Guadagna mi ha minacciato più volte di morte… Sin quando è rimasto in carcere non ho pressato la famiglia, ma una volta uscito gli ho chiesto quanto mi spettava e lui mi ripeteva che soldi non ce n’erano dunque era inutile che lo andassi a cercare. Vattene, non sei nessuno, mi aveva detto mesi addietro impugnando un martello…”.

Il centro commerciale dove è stato rintracciato il presunto assassino

Guadagna pare fosse indietro con il fitto, di 250 euro al mese, di 6 mesi e non avrebbe mai fatto nulla per pagare almeno qualche arretrato. Il giovane era conosciuto alla forze dell’ordine perché aveva fatto parte di un gruppo criminale che il 23 luglio 2015 aveva aggredito e rapinato in casa un non vedente. Guadagna, con precedenti per rapina, era stato arrestato due anni dopo il colpo al povero cieco ed aveva scontato la sua pena in carcere, da dove era uscito l’anno scorso. Pare si volesse allontanare da un certo ambiente, ha detto la moglie Valentina Di Bella, ma la sua morte prematura non glielo ha permesso.

I difensori del reo confesso, gli avvocati Vincenzo Zummo e Luigi Sanniu, intendono dimostrare che il delitto non è stato premeditato e che a caricare il fucile sarebbe stato lo stesso Guadagna che, per sfregio, avrebbe provocato cosi la spropositata reazione del pensionato.

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