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Intelligenza artificiale: il “demone” del terzo millennio

Il pericolo di un’invasione totale dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite è concreto. Sta a noi mettere paletti e limitazioni a quella che è sicuramente una tecnologia utile e rivoluzionaria, ma che non può certo sostituire l’uomo.

Roma – Non c’è giorno della nostra vita che la tecnologia, ormai diventata signora assoluta della nostra vita quotidiana individuale e collettiva, non ci mostri le sue mirabilie con le sue virtù salvifiche. Ora è il turno dell’intelligenza artificiale (IA), definita in generale come “una disciplina che studia se e in che modo si possano realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano”.

Come succede spesso in situazioni analoghe, ci sono i favorevoli, pronti a magnificare le grandi potenzialità che può dare all’umanità e i dubbiosi che si pongono una serie di interrogativi sull’impiego di tali sistemi e sui loro effetti nella vita sociale. Se a manifestare perplessità sono coloro che per primi hanno investito nelle tecnologie, persuasi che la strada intrapresa non avrebbe che recato benefici all’intera l’umanità, qualche domanda è necessario porsela. È il caso dell’investitore Arram Sabeti, che, come ha riportato il sito britannico Daily Star, sul suo profilo Twitter ha manifestato tutti i rischi connessi alla tecnologia. Inoltre ha definito l’IA “più deleteria delle armi nucleari”, motivo per cui l’umanità è molto preoccupata per il futuro.

Molte professioni rischiano di scomparire.

Pare che siano in molti a manifestare timori sulle evoluzioni più sofisticate dell’IA, secondo cui se la ricerca prosegue in questa direzione si è sempre più vicini, in modo da recar danno, allo sviluppo di sistemi con performance sempre più prossime al “livello umano”. Secondo Sabeti, si sta “evocando il demone”. Indubbiamente, scenari del genere finora erano presenti solo nelle distopie dei maggiori autori di fantascienza, che presagivano una vita indesiderabile e spaventosa. Ora che possano diventare concreti, non fa che aumentare lo sconcerto e la paura. Soprattutto se a ribadirlo, qualche settimana fa, è stato Eliezer Yudkowski, affermando: “L’umanità intera corre il rischio di morire per colpa della versione ostile sovrumana di un software. Dove si trova il confine da non oltrepassare prima che non si potrà fare più nulla?“.

Stiamo parlando di uno scrittore statunitense, teorico dell’intelligenza artificiale, nonché delle decisioni, noto per aver diffuso l’idea dell’intelligenza artificiale amichevole, rendendola popolare. Inoltre è cofondatore e ricercatore presso il Machine Intelligence Research, organizzazione di ricerca privata senza scopo di lucro con sede a Berkeley, California. In passato ha parlato di “un’esplosione di intelligenza artificiale incontrollata”. Attualmente il confine da non superare prima del baratro, ancora non si conosce. Si continua a far finta di nulla e a non prendere sul serio previsioni che, seppur, apocalittiche, come quelle di Yudkowski, qualche pulce nell’orecchio la mettono.

I pericoli dell’ “eccesso” di intelligenza artificiale sono evidenti.

È vero che in queste si parla di disastri superiori a una guerra nucleare, con tutti i grandi data center delle grandi potenze mondiali in conflitto tra di loro con effetti inimmaginabili per la sopravvivenza del pianeta e di tutti gli esseri viventi. Però pure mettere la polvere sotto il tappeto non porta da nessuna parte. Si tratta di fermarsi un attimo a ragionare e cercare la migliore soluzione possibile. Non si vuole fermare il progresso della scienza e della tecnica, ma bisogna darsi una calmata. E invece il mondo gira a velocità supersonica. Per andare dove, non si sa.

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