Il Partito Democratico sta attraversando un periodo di profondo cambiamento. La nuova leadership, che ha operato una decisa svolta verso sinistra, e le varie correnti interne cercano di trovare un posto al sole. Chi nel partito, chi su altre sponde politiche.
Roma – Nel Partito Democratico non tira buon vento. Così, al di là di tutte le migliori intenzioni, sfide, strategie e false partenze il malcontento interno serpeggia sempre più in maniera evidente. Tanto da essere derubricato come fisiologico. Questo non è affatto un buon inizio per la nuova leader Elly Schlein.
Al di là, comunque, del falso unanimismo tipico dei dem i fatti contano più delle parole. E i fatti dicono che l’insofferenza è al “top”, tanto da portare alcuni parlamentari a sbattere la porta a tutta la segreteria targata Schlein. E certamente non è una scelta dettata da interessi elettorali personali, visto che le elezioni si sono appena concluse da qualche mese, ma molto più profonda di quanto possa ci si possa immaginare. La segretaria dem preferisce non commentare, con l’aggravante che nel momento in cui Enrico Borghi medita la sua scelta senza avvertire nessuno dei dirigenti del Pd, esce come diversivo per le masse, su Vogue, un servizio fotografico in cui si parla del look di Schlein e della sua consulente di “armocromia”.
L’unico a dirsi amareggiato è il capogruppo al Senato, Francesco Boccia, responsabile della mozione della nuova segretaria nella fase delle primarie dem. “Amarezza sul piano personale e delusione sul piano politico…”, afferma Boccia. Ma al di là di ciò, l’invito più pressante rivolto al recente transfuga è di lasciare il Copasir, perché in un organismo come quello non si sta a titolo personale ma in rappresentanza di un partito. Insomma, il solito refrain che viene snocciolato da chicchessia, quando ci si traferisce in altra sede di partito. Di Maio e affini docet.
La sensazione è che il malessere della minoranza piddina sia sottovalutato, sottaciuto oppure neanche considerato e ritenuto addirittura fisiologico. La diatriba è tutta interna al nuovo corso della Schlein, la quale non ribatte. Mentre il capo di Base riformista Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, fa subito notare in risposta a Boccia che: “Il comitato resta correttamente costituito” anche se Borghi non si dimette. In particolare, invece, afferma Guerini: “Pur non drammatizzando l’uscita di Borghi, non si può neanche derubricarla e risolverla con un’alzata di spalle”. Il leitmotiv di alcuni parlamentari insofferenti alla svolta della neosegretaria è che il Pd, con l’avvento del popolo dei gazebo, è mutato, ossia da partito riformista è divenuto partito massimalista.
Ne deriva che per i riformisti e i cattolici c’è sofferenza e poco spazio culturale ed ideale. Altri dem, comunque, sono in uscita. Tra questi, un nome che fa rumore è quello di Caterina Chinnici, che dal Pd va in Forza Italia. In sostanza, un tragitto simile a quello fatto da un altro siciliano, Giancarlo Cancellieri, che dal M5S si è diretto in area berlusconiana, rappresentata nell’Isola da Renato Schifani. Con la differenza che Chinnici è stata la sfidante di Schifani alle regionali dell’autunno scorso, lamentando lo scarso sostegno del suo partito, dopo essere stata sul punto di abbandonare l’incoronazione a candidata di un centrosinistra dimezzato.
Tanto per capire il malessere e la fusione a freddo del Pd, divenuto con la Schlein di estrema sinistra, Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, già durante il congresso aveva lanciato il suo appello a mantenere la pluralità del partito e quindi un posto al sole per i cattolici democratici. Ma con un nulla di fatto, anzi vi è stato un azzeramento di quelle componenti. Tranne per Dario Franceschini, che sta conducendo una silenziosa battaglia per fare rimanere la sua area l’unico baluardo di riferimento e contenimento, all’interno di un partito che ha virato senza compromessi a sinistra compreso l’ex ministro alla cultura che ha sostenuto Schlein e la sua politica.