Luigi DI Maio, ex capo politico del Movimento 5 Stelle, è pressoché certo dell’ottenimento di un prestigioso incarico continentale. Che ha generato intensi malumori a destra e sinistra. Volendo anche al centro…
Roma – Da indiscrezioni piuttosto affidabili è saltata fuori una notizia che ha fatto subito scalpore: l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio sarebbe stato indicato, dall’Alto rappresentante Josep Borrell (ministro degli Esteri Ue), come candidato all’incarico di inviato speciale Ue per il Golfo Persico. Reazioni politiche nervose e indispettite da parte del centrodestra, mentre nel centrosinistra l’unico ad avere appreso benevolmente la buona nuova, nel caso venisse confermato l’incarico la cui procedura deve ancora completarsi, è stato Pier Ferdinando Casini. Dunque gli ex grillini si stanno collocando tra la vasta platea partitica alla ricerca di un posto al sole.
Nessuna novità, d’altronde geneticamente i pentastellati non erano né di destra né di sinistra. Pur finendo sia a destra, che a sinistra. Nonostante abbiano contestato il potere con l’intenzione di “rompere” ogni schema ed aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ne sono stati irrimediabilmente ammaliati. Tanto da entrare a pieno titolo nello stesso contenitore metallico che volevano scardinare per rendere pubblica ogni manovra di “palazzo”. La nomina di Luigi Di Maio è certamente quella che fa più notizia, per il ruolo che aveva nel M5S – indiscusso capo politico per anni – e per la carica internazionale oggi ad un passo dall’ottenimento di inviato speciale Ue.
Ma sono diversi gli esponenti ex parlamentari del M5S e di area “dimaiana”, trombati alle elezioni nazionali, che sono stati indicati per posti di vertice in partecipate statali. La giostra, insomma, non si ferma mai. Intanto si sono susseguite dichiarazioni di diversi politici sul cambio di casacca del fondatore del M5S in Sicilia. Affermazioni al vetriolo da parte di molti esponenti pentastellati e della sinistra. Invece, sorrisi, pacche sulle spalle, strette di mano e abbracci per Giancarlo Cancelleri alla fine della kermesse di Forza Italia, a Palermo, dove il presidente della Regione Renato Schifani ha ufficializzato l’adesione dell’ex leader siciliano del M5s al partito di Berlusconi. “Non rinnego nulla del mio passato – ha detto l’ex viceministro alla Infrastrutture dei governi Conte e Draghi – ho cambiato idea, il partito di Berlusconi è una famiglia di valori”.
Inversione ad “U” per Carlo Calenda, che rettifica il suo atteggiamento verso Matteo Renzi che “non è un mostro” e verso il quale ha dichiarato di avere usato toni sbagliati. Insomma, si nota un Calenda meno baldanzoso del solito, tanto da affermare di aver fatto “un solo attacco personale a Renzi e di aver sbagliato”. Difficile anticipare gli esiti della frattura tra Azione e Iv, però vi sono alcune posizioni che stanno facendo emergere che è necessaria maggiore cautela e umiltà. “Il progetto del Terzo Polo è più grande delle questioni personali, dispute e baruffe” ha dichiarato una parlamentare calendiana. E ancora: “Gli elettori non ci chiedono chi abbia avuto ragione o torto nelle polemiche delle settimane passate”. Un modo come un altro per chiedere al suo leader di allungare in misura maggiore le braccia verso Renzi, per tentare di ripartire da dove ci si è fermati. Vedremo.
Sempre rimanendo sul fronte delle opposizioni, Elly Schlein è già finita in un vicolo cieco. L’ala cattolica insorge nel Pd e minaccia la scissione. Dopo gli addii di Beppe Fioroni, Andrea Marcucci ed Enrico Borghi sarebbero in uscita anche l’ex parlamentare Andrea Romano e il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Paola De Micheli e Gianni Cuperlo hanno già messo agli atti il dissenso sulla linea politica, ma soprattutto rispetto alle ultime scelte fatte nella composizione della segreteria. Al Nazareno è già tempo di resa dei conti. La luna di miele forse non è mai iniziata. Ma Schlein non riesce a sfondare nemmeno a sinistra con l’alleanza tra Pd e Cinque stelle che sembra già traballare. Fino adesso solo convergenze elettorali alle amministrative. Insomma, prove di alleanze, comunque mal digerite ma necessarie.