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Si può misurare la felicità? Si, no, forse

Da circa un decennio si celebra il 20 marzo di ogni anno la “Giornata internazionale della Felicità”, in cui viene pubblicato il “World Happiness Report”. Di che cosa si tratta?

Roma – Si tratta di una pubblicazione contenente articoli e classifiche sulla felicità nazionale, ricavati sulle valutazioni degli intervistati e su vari indicatori sociali e psicologici. Ebbene, per il sesto anno consecutivo la Finlandia conquista il podio, seguita da Danimarca e Islanda. Ovvero, tre Paesi del Nord Europa. Sarà un caso, ma sono tra quelli con un sistema di welfare state molto avanzato ed efficiente. L’Italia si piazza alla 33ma posizione, scendendo di due gradini rispetto al 2022. All’ultimo posto, non poteva essere altrimenti, l’Afghanistan, vista la drammatica situazione post bellica.

Nel report è emersa una curiosità: nonostante la guerra in corso, Russia ed Ucraina hanno scalato la classifica. Per completare lo studio sono stati intervistati in 137 Paesi oltre 100 mila cittadini sul loro livello di felicità nel triennio 2020-2022. Tra i parametri di riferimento sono stati inseriti salute, aspettative di vita, livelli di reddito in generale, libertà di espressione e sostegno sociale. La benevolenza si è incrementata del 25% rispetto al periodo antecedente alla pandemia. Cresciuti, infatti, coloro che si sono dedicati al volontariato sociale, manifestando una notevole resilienza. Secondo i ricercatori, pare che, durante la pandemia, le emozioni positive sono state superiori a quelle di segno opposto. La predisposizione al sostegno ha avuto la meglio sulle condizioni di solitudine. Quasi l’intera maggioranza degli intervistati ha dichiarato che se c’è qualcuno su cui appoggiarsi nel momento di difficoltà, si è più felici.

Considerando questi indicatori, è emersa la netta egemonia dei Paesi scandinavi. Nei primi 10 Paesi anche Olanda, Svezia, Norvegia, Lussemburgo e Nuova Zelanda. Come dire il Nord Europa avanti a tutti! Nei primi 20 ha fatto irruzione la Lituania, a dimostrazione che, ormai, ha, brillantemente, superato la transizione dopo la caduta del muro di Berlino con la disgregazione dell’ex Urss. Infatti, anche gli altri due Paesi baltici, Estonia e Lettonia sono in costante crescita, seppure in maniera più lenta della Lituania. All’ultimo posto, in zona retrocessione per usare una terminologia calcistica, si trova l’Afghanistan, dopo il Libano e la Sierra leone. Paesi dove i conflitti armati sembrano la normalità, provocando instabilità politica, economica e sociale.

In queste condizioni nemmeno un Santo potrebbe sperare fiducia nel futuro, figurarsi la felicità! Ma, a dimostrare che relazioni umani e sociali sono contraddittorie e possono evidenziare il tutto e il suo contrario, la guerra tra Russia e Ucraina, scoppiata nel febbraio dell’anno scorso, non ha prodotto effetti negativi. La Russia, infatti è salita in graduatoria di ben 10 posizioni e l’Ucraina di 6. Nonostante morti, sofferenze, privazioni di ogni tipo e danni, l’aspettativa di vita è cresciuta rispetto all’anno precedente. E’ probabile che sentirsi accerchiati e difendere una causa comune abbia rafforzato il senso di identità nazionale, la fiducia nella leadership e nel futuro.

Sull’Italia, beh, meglio stendere un velo pietoso! D’altronde cosa dovevamo aspettarci da una classe politica che da decenni sta smantellando quel po’ di “welfare state” che è rimasto, con le risorse finanziarie alla sanità e alla scuola, due pilastri di uno Stato democratico, sempre più in caduta libera? Con un’evasione fiscale e previdenziale che, forse, non ha eguali al mondo e con meccanismi di sostegno al reddito mai definiti, sicuri, certi, ma che subiscono bislacchi cambiamenti in relazione alla maggioranza governativa del momento o alla luna storta del legislatore? Per non parlare della criminalità organizzata, che ha, ormai, esteso i suoi tentacoli nelle istituzioni e nell’economia? Con questo contesto, cosa ci aspettavamo, di vivere nel “Paese di Bengodi”, forse?

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