Regionali: la vera notizia è l’astensione record che cambia la sua natura

Il centrodestra, nel Lazio e in Lombardia, supera il test di gradimento elettorale e vince, mentre il flop previsto delle opposizioni e della sinistra, in particolare, viene siglato dai cittadini che non si sono recati alle urne.

Roma – Così Attilio Fontana è confermato governatore in Lombardia e Francesco Rocca strappa la Regione Lazio al centrosinistra dopo 10 anni di governo. Per la maggioranza si tratta di una riconferma in Lombardia, mentre il Lazio passa dall’amministrazione di Pd e Movimento 5 Stelle, guidata da Nicola Zingaretti, al candidato spinto da Meloni e Salvini. Fratelli d’Italia rimane il primo partito, la Lega in recupero, tiene anche Forza Italia.

Il Partito democratico mantiene la seconda posizione, ma è flop lo stesso per le opposizioni che hanno pagato le diverse incongruenze, anche per il fatto di essere andate unite, Dem e M5S in Lombardia, e divise nel Lazio. Però anche se il centrosinistra fosse stato credibilmente unito avrebbe perso ugualmente, almeno secondo il responso elettorale. Il terzo polo non sfonda e il M5S frana. La desertificazione del voto, con una astensione record, si è fatta sentire per tutti. Affluenza, quindi, a picco nelle due regioni. Nel Lazio la partecipazione si ferma al 37,2%, battendo il record negativo registrato nel 2014 in Emilia-Romagna, mentre in Lombardia è stata del 41,67%.

Insomma, vi è stato un astensionismo altissimo, colpa di una campagna elettorale senza passione, breve e sottotono, senza grande coinvolgimento dei leader nazionali, che hanno snobbato le varie kermesse per paura di metterci la faccia. A partire dalle elezioni del 1979 la partecipazione alle consultazioni parlamentari ha subito un progressivo calo che l’ha portata dal 93,4% del 1976 al 63,8% lo scorso 25 settembre 2022. L’attuale dato delle regionali è che le mitiche periferie, che dalla sinistra sono passate stabilmente alla destra, votano sempre meno. Lo spauracchio del più grande partito “l’astensione” ha fatto, pertanto, nuovamente sentire la propria consistenza ed è trasversale. Nessuno però, tra i partiti usciti sconfitti dal test elettorale, può invocare la propria débâcle al rifiuto di votare dei cittadini, poiché se ci fossero stati più votanti non è detto che sarebbero andati all’opposizione. Potevano benissimo riversarsi nell’attuale maggioranza aumentando la forbice che divide la destra dalla sinistra e dal centro.

È, comunque, la prima volta che vince il centrodestra nonostante un forte vento astensionista, prerogativa che concedeva la vittoria, una volta, al solo centrosinistra, che magari perdeva a livello nazionale ma riusciva a vincere, nei vari territori in occasione del ballottaggio alle elezioni amministrative o alle regionali. Insomma, prima era solo il popolo della sinistra che andava maggiormente a votare, mentre l’elettorato del centrodestra era più volatile e, comunque, meno ideologizzato. Non è più così. Pertanto, è inutile e persino paradossale e furbesco attenuare la sconfitta delle opposizioni attribuendo la causa all’astensionismo, riducendone in tal modo la portata della vittoria della destra. Per essere ancora più chiari, almeno secondo alcuni, Meloni e tutto il centrodestra avrebbero vinto per l’abbandono degli elettori. Ma di sinistra.

Ai seggi non si sono registrate file.

Questo, comunque, il leitmotiv di molti organi di informazione. Però, chissà, se avessero votato in massa forse sarebbe stata ancora più dirompente la sconfitta delle opposizioni. Quindi, secondo queste farneticazioni il risultato positivo non è attribuibile al proprio merito, ma per colpe altrui e per la bassa partecipazione alla competizione elettorale. Insomma, nessuna autocritica. Quello che è certo è che bisogna ristabilire un rapporto di fiducia con il cittadino, spesso assente nei processi decisionali. Insomma, è necessario avviare una progressiva cesura con una gestione della Cosa pubblica fallimentare che ha acuito, piuttosto che risolvere, i problemi, rendendo il tessuto sociale ed economico sempre più debole e che emargina le aree periferiche delle città.

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