La digitalizzazione non poteva risparmiare l’agricoltura, ormai diventata altamente tecnologica e con metodologie mirate alle specifiche coltivazioni.
Roma – I vantaggi dell’agricoltura 4.0 dovrebbero essere distribuiti tra tutta la filiera, dai produttori ali consumatori. L’avvento delle tecnologie ha completamente rivoluzionato il settore. Si va dall’ automazione della raccolta all’analisi dei dati scaturiti direttamente dai campi per mezzo dei cosiddetti “sensori intelligenti”. Inoltre dai trattori a guida autonoma all’utilizzo di droni per la semina. Per non parlare dei Big data, l’Intelligenza Artificiale e la Robotica! I dati statistici ci informano che negli ultimi cinque anni il digitale è cresciuto del 270% nell’industria agro-alimentare.
Pare che sul mercato il settore abbia un valore che si aggira sui 500milioni di euro, pari al 20% del settore in Europa. I promotori di questo tipo d’agricoltura sostengono che ci sono molti vantaggi nel suo utilizzo, tra cui: si evitano sprechi idrici col calcolo del fabbisogno di acqua o prevedendo la comparsa di qualche malattia delle piante; un crescente controllo sui costi di produzione e sull’intero processo produttivo con risparmi di tempo e denaro; un incremento della tracciabilità di tutta la filiera.
Giacché ne parlano tutti con mirabilie, è lecito avere qualche dubbio e porsi un semplice quesito: l’agricoltura 4.0 è davvero la panacea per tutto l’ambiente? Secondo Alessandro Ronca presidente del Parco dell’energia rinnovabile (PeR) i vantaggi sono solo economici a detrimento di quelli ambientali. Nella gran parte dei casi, infatti le “nuove” macchine utilizzate usano fonti tradizionali e, quindi, inquinati e non rinnovabili. Certamente col tipo di agricoltura intensiva che è stata portata avanti finora non si può più andare avanti, con tutti i danni che ha causato all’ambiente.
L’agricoltura moderna deve porsi come scopo principale il legame tra la produttività agricola e peso del cibo prodotto. D’altro canto è molto avvertita la necessità di produrre più cibo, dato che la domanda globale, per i prossimi 30 anni crescerà del 70%, secondo le previsioni. Bisogna considerare, inoltre, che è stato già sfruttato il 90% delle terre coltivabili. Per il 2050 si prevede che ci saranno 9 miliardi di bocche da sfamare e, quindi sembra molto difficile, senza un effettivo cambio di rotta non danneggiare il pianeta ancora di più di quanto fatto finora.
Nel caso italiano, l’agricoltura è vittima di “pecche” storiche come l’edificazione selvaggia che ha depredato terre idonee all’agricoltura. Inoltre, della scarsa attrazione che esercita il lavoro di coltivatore. Anche se negli tempi, si è registrato, soprattutto da parte dei giovani, un “ritorno ai campi”. E’ da registrare, infine, un aumento della superficie coltivata con agricoltura 4.0, soprattutto con software gestionali e sistemi di monitoraggio e controllo delle macchine. Non vorremmo che questo gran parlare di innovazione e digitalizzazione fosse solo fumo negli occhi e abbia il sopravvento solo il vil denaro. D’altronde, come recita un vecchio adagio popolare francese: “C’est l’argent qui fait la guerre(Sono i soldi a fare la guerra)!”