Riccardo Faggin avrebbe dovuto discutere la tesi della sua laurea che non aveva mai conseguito. Il destino e la sua fragilità lo hanno portato incontro alla morte.
Padova – “Gli chiedevamo notizie sugli esami che stava facendo, gli dicevamo di fare in fretta. Sono cose che tutti i genitori dicono, ci sembrava la normalità. E invece ora proviamo un gran senso di colpa per non aver capito nostro figlio“.
Luisa Cesaron, 54 anni, mamma di Riccardo Faggin, 26 anni, morto in un incidente stradale il giorno prima della discussione della tesi di una laurea che non aveva conseguito, non sa darsi pace. In casa i genitori avevano preparato tutto per la festa con tanto di bomboniere, prenotazione al ristorante, decine di inviti e il bellissimo regalo, i soldi per un viaggio in Giappone, da consegnare al “neo dottore in Scienze infermieristiche” al termine della cerimonia presso l’ateneo padovano.
Ma la felicità, ben presto, ha lasciato spazio alle lacrime di un’assurda tragedia, di quelle che segnano un padre e una madre per tutta la vita. Il giovane, qualche minuto dopo la mezzanotte del 29 novembre scorso, si è schiantato con la sua auto contro un platano della via Romana Aponense, tra Abano Terme e Padova, mentre tornava a casa.
Il personale sanitario accorso sul posto pochi minuti dopo la tragedia non poteva fare altro che constatare l’avvenuto decesso del giovane, morto sul colpo. Gli inquirenti hanno passato al setaccio tutti gli elementi utili per ricostruire la dinamica dell’incidente e per ricostruire le ultime ore della sua vita.
Ma sembra che non ci siano dubbi: in quello schianto c’è tutta la sofferenza di quell’enorme peso che Riccardo non era più in grado di reggere. Un dolore insopportabile, specie per il dispiacere che avrebbe provocato ai suoi genitori, che non gli ha concesso alternative se non quella, terribile, di un’auto a tutta velocità.
La mattina del 29, infatti, il giovane avrebbe dovuto presentarsi nell’aula magna per discutere la tesi ma nella realtà non c’era nulla di tutto questo. Alla famiglia aveva detto di aver raggiunto la fine del suo percorso di studi ma aveva passato solo qualche esame: “Lo vedevamo un po’ fermo – aggiunge la madre – lo riprendevamo perché si muovesse con questa benedetta laurea e forse lo abbiamo aggredito troppo. Lui non voleva deluderci. Se ce lo avesse detto, avremmo provato ad aiutarlo magari dopo un litigio ma tutto sarebbe finito lì”.
Anche la bugia della tesi, dopo due bocciature nella materia “Filosofia del Nursering” che diceva poi di aver superato, deve essere pesata come un macigno sul cuore del povero ragazzo. I genitori gli avrebbero chiesto più volte di vederla ma Riccardo reiterava bugie su bugie.
Ma quanto poteva resistere ancora senza raccontare la verità a mamma e papà?: ”La tesi riguardava un’analisi sulla percezione del servizio sanitario da parte dei pazienti prima e dopo il Covid – racconta il padre Stefano – non ha mai voluto farmela leggere, mi diceva che doveva essere una sorpresa. A questo punto non so neppure se quella tesi esista davvero. Non sono uno psicologo ma credo sia iniziato tutto così: una bugia innocente per gestire un momento di debolezza, seguita da un’altra, e poi un’altra… Fino a quando tornare indietro voleva dire rinnegare sé stesso. A noi aveva sempre taciuto tutto, anche a suo fratello. E a quanto sappiamo anche gli amici erano convinti fosse a un passo dalla laurea. Sia chiaro: non sono arrabbiato con mio figlio, non gliene faccio una colpa per non aver saputo gestire le sue debolezze. La responsabilità, semmai, me la sento addosso”.
Il 7 novembre scorso, alle 15, presso la sala polivalente della parrocchia di San Martino di Voltabrusegana ad Abano si sono svolti i funerali del giovane fra genitori, parenti e amici straziati dal dolore: ”Se i vostri figli raccontano qualche bugia, provate a comprenderli – dice mamma Luisa – cercate di captare i segnali di disagio anche nelle piccole cose. Evitiamo di caricare su di loro le nostre aspettative e ambizioni. Perché a volte la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile. Cosi è stato per il mio povero figlio“.