Povertà in forte crescita, la disoccupazione segue un trend al ribasso

I numeri sono drammatici e ne sanno qualcosa milioni di italiani ormai ridotti all’indigenza e alle file nelle mense della Caritas per sfamarsi. Il lavoro segue con segno negativo ormai dal dopo pandemia, nonostante qualche minimo segno di ripresa che comunque non serve a incrementare il reddito di migliaia di famiglie al limite della sopravvivenza.

Roma – La disoccupazione cresce sempre di più. Questo che stiamo attraversando è senza dubbio uno dei periodi più neri per la nostra economia degli ultimi decenni. Dopo la pandemia e la conseguente crisi sanitaria e sociale, il caro bollette e l’impennata delle materie prime non ci volevano proprio. E’ come buttare acqua bollente su un corpo arso. L’ultimo rapporto della Caritas parla di quasi 2 milioni di famiglie già nella povertà fino al collo. In termini numerici equivalgono a quasi 6 milioni di individui, pari al 9.4% di residenti. L’ultimo dato sulla disoccupazione è dell’agosto scorso: 7,80%. Sono numeri e non bruscolini.

Il dato, di per sé, non dice nulla se non viene contestualizzato, come sono soliti affermare coloro che parlano bene. Ad esempio se consideriamo i Paesi dell’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) l’Italia si trova al quinto posto, dietro – si fa per dire – a paesi come Turchia, Grecia, Spagna e Colombia. Però a leggere tra le righe, rispetto all’agosto 2021, il tasso di disoccupazione è in calo. Questo confermerebbe il trend positivo degli ultimi mesi, ovvero una lieve crescita dell’occupazione.

Disoccupazione in calo al 9,6%

Inoltre se confrontiamo i dati secondo il genere, ancora una volta il peso maggiore grava sul groppone delle donne. Infatti il loro tasso di disoccupazione è pari al 9,3%. A conferma di come sia una delle tante criticità del Belpaese. Se rispetto al periodo antecedente alla pandemia il dato è in lieve ripresa, la forbice tra i due sessi è ancora molto ampia, come in altri campi della vita sociale. Le scienze sociali generalmente considerano il disoccupato come “una persona in età lavorativa che ha perso il lavoro, disposto a lavorare ed a intraprendere azioni mirate alla ricerca di un’occupazione”.

E noi poveri ingenui che pensavamo che il senza lavoro era uno che lo aveva perso perché se l’era giocato a poker o ai dadi! Diciamo che anche il senso comune, non solo le scienze sociali, ha una definizione simile del non occupato. Come dire: la scoperta dell’acqua calda. Comunque, a parte queste digressioni, la definizione di prima consente di avere stime sui tassi di disoccupazione confrontabili a livello internazionale rispetto a quelle fondate sulle definizioni nazionali. Questo tasso è un indicatore della percentuale della forza lavoro in grado di cogliere il fenomeno nel suo complesso.

Al fenomeno della disoccupazione si somma quello del lavoro nero e/o sommerso, una peculiarità molto diffusa nel nostro contesto socio-economico. Oltre alla sostanziosa evasione fiscale e contributiva, con gravi danni per il welfare state e per la dignità dei lavoratori, emerge, comunque, un contributo alla formazione del prodotto interno lordo. E’ come se fungesse da ammortizzatore sociale. Ecco, questa è una delle problematiche più urgenti presenti nell’agenda del nuovo governo, la cui soluzione produrrebbe dei benefici concreti alla collettività!

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