L’Europa e l’Italia hanno sete: territori sempre più a rischio desertificazione

Il Vecchio Continente diveterà un deserto? Il caldo degli ultimi tempi ha raggiunto livelli preoccupanti, resi ancora più gravi dalla siccità dei mesi estivi. A completare il quadro sono arrivate le piogge torrenziali soprattutto al centro-nord, che hanno provocato danni a persone e cose. La politica interviene a velocità da lumaca.

Se la tropicalizzazione del clima desta preoccupazione, la siccità galoppante delinea scenari terrificanti. L’acqua è un bene prezioso che la natura ci ha donato e nel futuro lo diventerà ancora di più. Fra i tanti problemi che affliggono il nostro Paese, c’è quello dei corpi idrici. Si tratta di porzioni di acqua (tratti di fiumi, laghi, acque di transizione, acque costiere, acque sotterranee) minime, nelle quali si raggiunge la sostenibilità dell’uso della risorsa.

I dati diffusi dall’EDO (European Drought Observatory) ci hanno informato che il 45% dell’Europa soffre di carenza idrica ed il 13% del continente a forte rischio di siccità estrema. L’EDO è l’Osservatorio europeo sulla siccità che offre informazioni rilevanti su indicatori derivati da diverse fonti. Ad esempio, scaturiti dalle precipitazioni, dai satelliti e dal contenuto di umidità del suolo.

Secondo l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), l’Italia si trova in una situazione critica non risolvibile dall’oggi al domani. Oltre alle condizioni metereologiche favorevoli, è necessario un territorio con impianti per la raccolta della pioggia. Come al solito piove sul bagnato. Nel senso che l’esperienza degli anni scorsi, in cui già si sono manifestate le estremizzazioni del clima, non ha insegnato granché. Se la storia è maestra di vita, i casi sono due: o gli allievi sono degli idioti, oppure la storia non sa insegnare!

Il Po in secca

I dati del report sono allarmanti. Ad esempio, nella verdeggiante Valle d’Aosta, l’indice SPI (Standard Precipitation Index) in un anno ha dato segnali di estrema siccità per la zona centro-meridionale della regione. A testimonianza di come il cambiamento climatico colpisce anche la montagna, in cui l’acqua è decisiva per il territorio e gli animali. Il fiume Po non è stato mai così in secca come quest’anno, tanto che nel mese di luglio ha stabilito il nuovo record di portata minima d’acqua con soli 104,3 metri cubi al secondo. La situazione non è migliore nel resto del settentrione d’Italia. In Piemonte è stato registrato il 60% in meno di presenza di acqua rispetto alla media del periodo.

Situazione simile in Lombardia. Mentre in Veneto secondo l’ARPAV (Agenziale Regionale Protezione Ambiente) le falde acquifere sono praticamente a secco. Nelle regioni centrali è peggio che andar di notte, anche perché non si sono giovate, se non in modo modesto, degli apporti fluviale registrati al Nord. Nel Sud d’Italia la situazione è diversificata. Nel senso che in Campania il fiume Volturno è in calo, il Garigliano in crescita, mentre è stabile il Sarno. Sono, altresì, in forte calo i volumi dei bacini del Cilento e del lago di Conza. Così come lo sono in le disponibilità idriche negli invasi del resto del Mezzogiorno.

Fonte CNRR

Il clima dovrebbe essere al primo posto nell’agenda politica delle istituzioni europeo. Anche perché di questo passo, per andare da un posto all’altro useremo il cammello, se sopravvivremo!             

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