Alika Ogorchukwu, omicidio in diretta

Persiste nella memoria il ricordo dell’ambulante ucciso brutalmente il 29 luglio scorso. Tutto è stato immortalato dai passanti e quei frame non saranno dimenticati. Cosa ci spinge a renderci “registi” di tali crudeltà?

E’ l’indifferenza il killer più spietato! E’ un’estate rovente, il cui caldo fuori misura non ne vuole sapere di abbandonarci. Nonostante dimostriamo quotidianamente la nostra repulsione per questo sgradito ospite, lui non indietreggia, cocciuto come un mulo. Si dice che col caldo la gente va fuori di testa e la statistica sembra confermare questo adagio. E’ in estate, infatti, che sono avvenuti i più efferati delitti. L’ambulante ucciso a Civitanova Marche, in provincia di Macerata, il 29 luglio scorso, è balzata agli onori della cronaca, si fa per dire, per uno di questi casi all’apparenza inspiegabili.

Frame del brutale pestaggio

L’opinione pubblica è rimasta sconvolta dal feroce assassinio di un venditore ambulante nigeriano, il 39enne Alika Ogorchukwu. La sua colpa, pare, è stata quella di avere insistito nel chiedere l’elemosina. Questo fatto avrebbe urtato la suscettibilità di un 32enne di origini salernitane, tale Filippo Ferlazzo. Al punto di commettere l’insano gesto, rincorrendo il malcapitato Alika e strappandogli la stampella, che ha brandito con violenza come arma, per poi picchiarlo con ferocia. Inoltre ha completato la sua aberrante opera atterrandolo e schiacciandolo col suo peso.

Secondo l’autopsia Akila sarebbe morto per schiacciamento del corpo, da cui sarebbe scaturito il soffocamento. L’assassino, immediatamente arrestato, era già noto ai servizi sociali per i suoi problemi psichiatrici (sembra soffrisse di disturbo bipolare) e alle forze dell’ordine per violenza sessuale, reato commesso in passato. Il suo avvocato difensore Roberta Bizzarri ha dichiarato: “…Il mio assistito ha collaborato e ha chiarito che non c’è stata alcuna motivazione di tipo razziale. Inoltre, ha chiesto scusa…”. Ci sono molte zone d’ombra in questa vicenda. Se era stato diagnosticato un disturbo psichiatrico, il soggetto in questione era controllato? In che modo?

Sembra che la madre, che vive a Salerno, sia di fatto l’amministratrice di sostegno. Ora, a norma di legge, quest’ultima figura è uno strumento di protezione per le persone in difficoltà e non autonome, a cui viene affidata la cura degli interessi e della persona stessa. Ora come si fa a prendersi cura di una persona con criticità vivendo in un’altra città è un mistero. La vicenda ha destato scalpore, oltre per l’esecrabilità dell’atto, anche per un video che ha immortalato il fatto. Ormai nell’era dei dispositivi elettronici e multimediali, tutti sembrano vittime di questa smodata frenesia di filmare qualsiasi istante, anche il più banale della quotidianità.

Come se si sentissero tutti dei novelli Quentin Tarantino dell’ovvietà e dell’ordinarietà. E’ un po’ come se l’immagine, fissata come un fotogramma per poi farla diventare virale, si trasformasse in altro da sé stessa. Nel nostro caso, secondo gli inquirenti, chi ha girato il video dell’assassinio di Alika: “ha dato una grossa mano alle indagini, insieme ai filmati delle telecamere di Corso Umberto per la ricostruzione della dinamica esatta dell’aggressione”. Nel caso dell’ambulante ucciso Civitanova Marche oltre al video girato da una ragazza moldava, qualche altra persona pare sia intervenuta per avvertire il 118 e le forze dell’ordine.

Il ricordo di Alika nel luogo dell’omicidio

Però in tanti casi, gravi e meno gravi, la reazione delle persone è di abulia. Indifferenza e stanchezza sono i peggiori killer. Spesso si volta il capo dall’altra parte, perché ognuno di noi è succube del proprio stantio vivere quotidiano. Abbruttito da crisi relazionali, sociali, economiche e quant’altro. Inoltre, le moderne tecnologie non fanno che esacerbare questi aspetti. Ci si concentra sulla singola parte, su sé stessi, perdendo di vista la complessità. E’ questo il vero problema: la perdita del senso di comunità!

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