Tutti innocenti, chi ha ucciso Serena?

Il lavoro della Procura e degli investigatori considerato carta straccia. Dopo 21 anni di depistaggi e un suicidio, la Corte d’Appello ha assolto Franco Mottola, la moglie e il figlio per i quali erano stati chiesti 30, 21 e 24 anni. Lo zio di Serena: “La verità é ben altra”. In aula urla ed invettive contro il consesso giudicante e la famiglia Mottola.

Cassino – Assolti per non aver commesso il fatto i coniugi Mottola ed i figlio Marco accusati dell’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce morta ammazzata 21 anni fa. I giudici della Corte d’Assise di Cassino, dopo circa 10 ore di camera di consiglio, hanno deciso per il proscioglimento anche di Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno, e dell’appuntato Francesco Suprano, a cui era stato contestato il favoreggiamento, perché “il fatto non sussiste”.

La folla dentro e fuori il tribunale di Cassino: la sentenza ha sconvolto i cittadini di Arce

La Procura di Cassino aveva chiesto una condanna a 30 anni di reclusione per l’ex maresciallo Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Arce; 24 anni per il figlio Marco, 21 anni per la moglie Anna Maria, accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere. I tre si sono sempre professati innocenti.

Appena letta la sentenza cittadini e parenti della vittima, e non solo, si sono lasciati andare al pianto e a sfoghi di rabbia:”…La  verità è ben altra, non ci fermeremo di fronte a questa meschinità – ha detto Antonio Mollicone, zio di Serena – vogliamo giustizia…”. Franco Mottola, visibilmente soddisfatto, ha definito il verdetto “giusto e appropriato“.

Alle grida di “Bastardi“, “Assassinicontro la famiglia Mottola da parte dei cittadini di Arce sono poi intervenuti i carabinieri per sedare quella che stava diventando una vera e propria rivolta popolare, dentro e fuori il tribunale.

La caserma dei carabinieri di Arce

“…Questa Procura prende atto della decisione che la Corte di Assise nella sua libertà di determinazione ha scelto – si legge in una nota dell’ufficio inquirente – é stato offerto tutto il materiale probatorio che in questi anni tra tante difficoltà è stato raccolto. La Procura di Cassino non poteva fare di più…”. Va detto anche che, motivazioni a parte, una sentenza del genere ha letteralmente distrutto un castello accusatorio solido e messo su con grande professionalità e determinazione da magistrati e detective nonostante le note difficoltà che le indagini hanno riscontrato in questi anni.

Prima di entrare in camera di consiglio i giudici avevano respinto la richiesta avanzata dalla medesima Procura di ascoltare come testimone il barbiere di Arce. Tale richiesta è stata giudicata “non rilevante” ai fini della verità processuale.

Valerio e Marina Vannini (foto Ansa)

In aula erano presenti anche Marina e Valerio Vannini, i genitori di Marco, il giovane ucciso a Ladispoli nel 2015 in casa della famiglia Ciontoli, la cui tragica vicenda ricorda da vicino quella di Serena:”…Siamo qui per manifestare la nostra solidarietà alla famiglia Mollicone – ha detto Marina Vannini – il papà che in questi anni si è battuto come un leone per sapere la verità è morto. Confidiamo che venga fatta giustizia per Serena, com’è stato per Marco…”.

Guglielmo, il papà di Serena, è scomparso 2 anni fa. Grazie al maestro di Arce erano state riaperte le indagini sulla morte della figlia: qualcuno gli aveva detto che il brigadiere Santino Tuzi aveva visto Serena entrare in caserma il giorno della sua scomparsa, e di non averla vista uscire dalla stazione. Una volta avviate le nuove investigazioni il sottufficiale confermava la sua versione dei fatti ma poi si sparava un colpo alla tempia perché lasciato solo e vessato dai colleghi.

Franco Mottola dopo la sentenza

La figlia del brigadiere, Maria Tuzi, all’uscita del tribunale, dopo la sentenza, ha rincorso l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano e gli ha urlato in faccia: “…Francesco devi parlare, devi dire la verità!..” 

L’assoluzione polverizza di fatto la versione avanzata dall’accusa. Il 1° giugno 2001 Serena si era recata in caserma per recuperare i suoi libri di scuola dimenticati nell’auto di Marco Mottola dopo un violento alterco. Durante la discussione la vittima avrebbe accusato il figlio del comandante di stazione di spacciare droga, fatto questo che in molti sapevano.

In caserma la ragazza avrebbe litigato di nuovo con Marco tanto da essere sbattuta contro una porta. Lo spintone provocava alla vittima una grave contusione alla testa tanto da tramortire la povera Serena. Credendola morta, sempre secondo l’accusa, i Mottola l’avrebbero trasportata dietro un cespuglio del boschetto dell’Anitrella. Le avrebbero legato mani e piedi e ficcato un sacchetto di plastica sulla testa soffocandola.

Guglielmo Mollicone

Serena avrebbe detto più volte, a scuola, che Marco Mottola era uno spacciatore e che ad Arce, stando cosi le cose, il problema della tossicodipendenza diventava sempre più grave atteso che un pusher veniva coperto dal padre maresciallo. Il resto sono depistaggi, prove occultate, omertà e persone finite in galera da innocenti come Carmine Belli che qualcuno, con piacere, avrebbe voluto buttare in cella per sempre come assassino di Serena.

Le sentenze si accettano, non si commentano. Vedremo nelle motivazioni come e perché la verità giudiziaria ha avuto il sopravvento sulla verità reale. Quest’ultima è tutta un’altra storia.

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