La vittima aveva denunciato il marito diverse volte ma pur ottenedendo il “Codice rosso” la situazione era solo peggiorata. Madre e figlia non andavano più d’accordo con il pensionato ed ogni giorno ogni scusa era buona per litigare e alzare i toni. Quando le due donne gli hanno detto di andarsene dalla sua casa per sempre ha imbracciato una lupara e ha fatto fuoco.
Castelfranco Emilia – Lo sapevano tutti che prima o poi ci sarebbe scappato il morto. E cosi è stato nonostante la moglie avesse denunciato il marito per maltrattamenti, stalking, appropriazione indebita e furto per poi chiedere la separazione.
L’uomo ha ucciso a fucilate madre e figlia poi si è diretto al bar, con l’arma fumante ancora in mano, da dove ha fatto avvisare i carabinieri. Ennesimo duplice femminicidio in una villetta di Cavazzona, frazione di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Il presunto assassino, reo confesso, è un imprenditore edile in pensione, Salvatore Montefusco, 69 anni, originario di San Cipriano D’Aversa, nel Casertano, ma trapiantato in zona da anni.
Il carpentiere, venuto alla ribalta delle cronache negli anni ’90 per aver sparato diversi colpi di pistola ad alcuni camorristi che gli chiedevano il pizzo, aveva poi collaborato con la polizia facendo in modo che la squadra Mobile catturasse i capi di un clan dei Casalesi che avevano preso piede in zona taglieggiando commercianti e possidenti.
Montefusco, soprannominato “Il Turbo” perché instancabile lavoratore, aveva moglie e figli a Riolo Terme, in provincia di Ravenna, ma diversi anni fa aveva conosciuto Gabriela Trandafir, 47 anni, con la quale dopo qualche anno di convivenza aveva contratto nuovo matrimonio dal quale era nato un figlio, oggi ancora minorenne.
La donna, di origini rumene, aveva anche una figlia, Renata Alexandra Trandafir di 22 anni, studentessa universitaria di Moda, avuta da una precedente relazione ma bene accettata dal pensionato con il quale, però, non correva un buon rapporto. Dopo un paio d’anni dal matrimonio fra marito e moglie era scoppiata una profonda crisi coniugale tanto che Gabriela aveva deciso di separarsi da quell’uomo che la trattava come un padre padrone togliendole la serenità di cui tanto aveva bisogno.
Il 14 giugno scorso Gabriela si sarebbe dovuta presentare in tribunale ma è morta prima di sapere se il Gip le avesse dato o meno ragione sulle accuse che aveva mosso al marito. La Procura, infatti, aveva chiesto l’archiviazione per i maltrattamenti ma la donna si era opposta.
Anche per lo stalking (Montefusco avrebbe utilizzato un segnalatore Gps nascosto sotto l’auto della consorte) c’era stata richiesta di archiviazione e contestualmente si sarebbe tenuta anche l’udienza per la separazione civile. Tutto inutile.
I due avrebbero iniziato a litigare violentemente in cucina prima di pranzo. Motivo del contendere la villetta costruita dall’imprenditore e dalla quale sarebbe dovuto andare via se la causa per separazione avesse previsto l’affidamento della casa coniugale alla donna. L’uomo, particolarmente attaccato a quel fabbricato, non l’avrebbe mai lasciato con le buone.
La moglie avrebbe urlato al marito di andarsene e lui, per tutta risposta, avrebbe imbracciato un fucile a canne mozze con il quale avrebbe sparato diversi colpi prima a Renata Alexandra, anche lei in forte attrito col patrigno, che stramazzava sul pavimento della cucina in un lago di sangue. Poi sarebbe toccato a Gabriela raggiunta da diversi pallettoni sparati a bruciapelo e deceduta praticamente quasi subito.
A questo punto Montefusco sarebbe uscito di casa dirigendosi verso un bar di Castelfranco da dove avrebbe fatto avvisare i carabinieri. I militari lo catturavano, praticamente, in quasi flagranza di reato e lo trasferivano prima in caserma e poi in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Durante l’interrogatorio, come ha spiegato il procuratore Luca Masini, confessava le proprie responsabilità alla presenza del difensore, avvocato Marco Rossi. Il pensionato veniva accusato di duplice omicidio volontario pluriaggravato consumato utilizzando una lupara con matricola abrasa su cui verranno effettuate verifiche. Inutili i soccorsi del 118 i cui operatori non potevano fare altro che constatare il decesso di madre e figlia:
”…Provo sconcerto, dolore e rabbia per l’ennesimo, inaccettabile atto di violenza – ha detto l’assessore regionale alle Pari opportunità Barbara Lori – occorre tuttavia andare oltre al dolore e alla rabbia e passare ad un’azione concreta, ad una sinergia tra le Istituzioni per affrontare questa piaga non degna di un Paese civile…”.