Dalla regione arriva un avviso di sfratto al Governo
Il paese reale ha parlato: il verdetto è inesorabile.
Le elezioni umbre consegnano un quadro che non lascia spazio ad eccesivi voli pindarici: Donatella Tesei, candidata del centrodestra, si impone con circa il 57% di voti (987 sezioni su 1005 scrutinate, al momento in cui si scrive). Vincenzo Bianconi resta 20 punti indietro, al 37%.
Ma non basta. Se il PD in qualche modo tiene botta, registrando comunque un dignitoso 22%, il MoVimento 5 stelle affonda: 7,41%.
Sette e mezzo, meno del film di Fellini. Scritto in lettere rende meglio l’idea: è la metà di quanto i 5 stelle avevano preso in Umbria alle europee. Che era già la metà del risultato delle politiche.
Dal 33 a 7 il tonfo è rumoroso: infatti ha fatto rumore.
“Dalla formazione del primo esecutivo ci è stato subito chiaro che stare al Governo con un’altra forza politica – che sia la Lega o che sia il Pd – sacrifica il consenso del Movimento 5 Stelle”, si schermisce il blog delle stelle. Per poi aggiungere: “ma noi non siamo nati per inseguire il consenso, bensì per portare a casa i risultati”.
Gli umbri sembrano non aver apprezzato questi risultati.
Il dissidente Paragone attacca e non ne vedeva l’ora, “quando non hai coerenza poi paghi”, Di Maio ammette: “il nostro esperimento non ha funzionato”.
Già, l’esperimento dell’alleanza strutturale con il PD per le elezioni locali adesso è a rischio in tutte le regioni. Perché a gennaio arriva l’Emilia Romagna, la madre di tutte le battaglie, e lì un insuccesso non sarebbe perdonato.
Il resto è un tripudio leghista. La Lega al 37% in una regione rossiccia (l’Umbria, storicamente di sinistra, era invero ormai da tempo contendibile) è una sorta di sogno proibito che si realizza, per i vertici del partito. Il papeete non solo sembra non aver procurato danni nel paese reale, ma l’opposizione si sta rivelando persino salutare per la Lega. Da San Giovanni a Perugia il passo è stato immediato, e la candidata Tesei non era nemmeno particolarmente forte. A questo punto per la Lega è lecito ipotizzare di emulare quell’onda azzurra con cui Berlusconi vestì l’Italia dopo la sua discesa in campo.
La questione umbra apre, a questo punto, numerosi interrogativi strutturali. Scompagina i piani, di fatto, e non solo quelli di Di Maio. Se i 5 stelle saranno costretti a rinnegare il progetto di alleanze locali con il PD chi sarà più in grado di opporre resistenza all’avanzata leghista? Se i gialli alzeranno la voce per differenziarsi e recuperare consenso, quanto potrà durare il Governo giallo rosso? Ancora: il progetto centrista aveva un senso in un’Italia divisa in tre e con ruoli ben chiari, i verdi a destra, i giallorossi a sinistra e il centro al centro. Ma che succederà se 5 stelle e PD riprenderanno ad azzuffarsi? D’altra parte, Forza Italia al 5-6% (l’Umbria conferma i peggiori sondaggi nazionali) rappresenta ancora un progetto attrattivo per i suoi deputati e senatori o, dopo questa debacle, Carfagna e compagni si sentiranno più liberi di varcare il Rubicone ed aggregarsi a Renzi?
Interrogativi in attesa di risposta per un paese che, dall’Umbria, inizia a intonare il “Va’ pensiero”.