Woke e Cancel Culture: così il “politically correct” rischia di tapparci la bocca

Da simbolo di consapevolezza sociale a strumento di divisione: l’evoluzione del termine “woke” e il suo legame con la cancel culture. Origini, significati e controversie.

Cavalcando le immense praterie del web ci si è imbattuti in una notizia che ha incuriosito il viandante. Di primo acchito leggendo che molte persone vanno a… “woke” si è pensato ad una cittadina molto attraente e con un paesaggio mozzafiato. Oppure le loro automobili, invece di andare a benzina, andavano a “woke”, una sorta di carburante ecologico! Niente di tutto ciò.

La locuzione si è diffusa un po’ dappertutto, anche in Italia. Il termine è entrato nell’Oxford English Dictionary nel 2017 e in origine il suo significato era “essere vigili”, “svegli” e “sensibili”, soprattutto per quanto riguarda le discriminazioni, il razzismo e le ingiustizie sociali. L’espressione, pare, essere stato partorita tra le comunità afroamericane già nel 1962. E’ stato il Black Lives Matter (BLM, letteralmente “Le vite dei neri contano” ad iniziare a darle un’accezione negativa. Si tratta di un movimento nato nella comunità afroamericana per combattere il razzismo perpetrato a livello sociopolitico. La loro lotta è rivolta contro gli omicidi dei neri da parte della polizia, nonché contro la profilazione razziale, brutalità della polizia e discriminazione razziale nel sistema giuridico degli USA.

Il film “Biancaneve”, nuova trasposizione del classico di Disney, è diventato l’emblema della cultura woke: la protagonista ha la pelle scura, i nani sono creature digitali e il principe azzurro non esiste in nome del femminismo.

Tuttavia, la spinta decisiva per la sua diffusione capillare è dovuta ai conservatori statunitensi, assumendo un significato antitetico all’originale. Col tempo il termine ha identificato gruppi alleati delle minoranze, ma appartenenti ad una cerchia di persone con un potere maggiore rispetto alle altre. Alla fine del suo percorso “woke” ha assunto il significato di “politicamente corretto”, ossia un orientamento ideologico e culturale con cui si evita ogni potenziale offesa verso determinate categorie di persone. All’apparenza un termine antidiscriminatorio, ma che ha assunto una valenza denigratoria verso alcuni mutamenti sociali. Il fenomeno “woke” è connesso alla “cancel culture” (cultura della cancellazione), che negli USA e in generale nel mondo anglosassone rappresenta quel fenomeno per cui gruppi più o meno organizzati di persone esercitano pressioni su un datore di lavoro, committente, collaboratore o socio perché punisca o interrompa i rapporti con un dipendente o un partner professionale per via di certe cose che ha fatto, detto o scritto.

In nome del woke, spesso è volentieri, si cerca di cancellare la storia: per questa visione del mondo, Colombo non ha scoperto l’America ma l’ha invasa e saccheggiata

Non è detto che queste pressioni vengano necessariamente esercitate sui social network, ma è molto spesso così. Una sorta di ostracismo manifestato verso personaggi della cultura e della politica, attuali e passati. Uno dei casi più clamorosi è stato quello di Cristoforo Colombo, per cui, secondo questa “visione del mondo” non avrebbe scoperto l’America, ma invasa e saccheggiata. Secondo il Dipartimento dello “Slang and New Language Archive” presso il King College London, uno dei maggiori istituti di linguistica a livello mondiale, la destra conservatrice statunitense avrebbe sfruttato il termine “woke” come strumento di colpevolezza di qualsiasi fenomeno sociale, dalle sparatorie di massa, ad esempio, all’immigrazione clandestina. La realtà, di fatto, non assume contorni così polarizzati, ma tutto è sfumato, contaminato, fluido, come si suole dire oggi.

La vita è di per sé ambigua, si commettono atti gravi, ultimamente in maniera massiccia, basti guardare alle guerre in giro per il mondo, ma, anche, azioni lodevoli. Spesso gruppi contrapposti hanno in comune più di quanto si possa pensare, solo la mancata conoscenza fomenta pregiudizi e aggressività. Il cambiamento non si attua attraverso giudizi perentori che non ammettono discussioni di sorta, ma solo attraverso il confronto anche aspro ma costruttivo, perché la verità non l’ha in tasca nessuno!


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