(Seconda ed ultima parte) La vittima, seviziata e morta ammazzata, verrà ritrovata in un fossato. Ad oggi nessuno ha pagato per quell’orrendo delitto eppure la verità non è mai troppo distante dalla scena del crimine.
GORO (Ferrara) – Nonostante le dichiarazioni divergenti di Italo Mantovani, Monia Grigatti, Antonio Biolcati, Maria e Antonello Veronesi, oltre al tentativo di depistaggio, non emergono ulteriori prove a carico dei cinque giovani e nessuno di loro verrà mai indagato per falsa testimonianza. Non saltano fuori altre piste concrete che vadano oltre il vociare di paese. Sembra che tutti gli sforzi profusi nell’indagine riguardo Valeriano Forzati subito dopo l’omicidio abbiano fatto sprecare preziosissimo tempo agli inquirenti.
Tutto tace per più di 25 anni, quando nel 2014 una lettera anonima finisce sulla scrivania di Davide Tuzzi, investigatore privato della SecuriTeam, assunto dalla famiglia Branchi col compito di tenere approfondire le indagini sul povero Willy. Il contenuto di quella busta darà vita ad un nuovo quanto sconvolgente filone d’inchiesta. In quella missiva si fa riferimento infatti ad un macabro giro di pedofilia che si estende tra la provincia di Ferrara e quella di Padova. Un giro d’incontri squallido a cui diversi giovani di Goro avrebbero partecipato. Un estratto dello scritto recita quanto segue: “Willy era finito in un giro di orge, […]Willy fu portato a Lido Volano in appartamenti vuoti.“. La missiva fa riferimento anche a: “[…]uno strano giro che ruotava attorno alla pizzeria Biolcati.“.
Proprio quella pizzeria dove Forzati e Willy vengono visti insieme la notte dell’omicidio ed è proprio in quel locale che i ragazzi della Renault 4 celeste solevano ritrovarsi. Le indagini sul delitto di Willy vengono riaperte focalizzando l’attenzione sulla nuova pista. L’avvocato della famiglia Branchi, Simone Bianchi, riesce a conviencere gli organi inquirenti a rispolverare l’inchiesta partendo proprio da quella lettera anonima recapitata a SecuriTeam. In seguito al via libera del Gip Carlo Negri, le indagini vengono riprese dagli avventori della pizzeria Biolcati. Durante i numerosi interrogatori gli investigatori notano il frequente ricorrere di un nome: Carlo Selvatico. Quest’ ultimo, ai tempi del fattaccio, viene spesso ricordato in compagnia di ragazzi più giovani, nei confronti dei quali avrebbe ricoperto il ruolo di una sorta di mentore. Fra quei giovani ci sono anche i ragazzi della R4 celeste.
La figura di Selvatico viene descritta come una sorta di iniziatore a quel nuovo mondo di edonismo che come uno tsunami dalle grandi città stava per infrangersi sui piccoli borghi della periferia. Sì parla di droga, di orge pansessuali e di regali in cambio di qualche ora di sfrenato erotismo. Loro stessi si definiranno in seguito “avanguardisti“, a sottolineare la differenza dal resto del bigotto volgo che li circondava.
Carlo Selvatico, uno strano personaggio
Alla riapertura delle indagini nel 2014 viene disposta dal Gip la riesumazione della salma di Willy Branchi. Viene altresì disposto un ulteriore esame autoptico che conferma il modus operandi tipico dell’omicidio passionale. Il volto della vittima testimonia una violenza scaturita da un’emozione profonda, carnale, e poi c’è quel profondo foro sotto lo zigomo, l’esecuzione, la fine. In quello stesso 2014 Carlo Selvatico è un pensionato che vive solo in una piccola villetta di Goro. È una persona insulsa, la cui vita gli scorre addosso colmata unicamente dalla solitudine. Il suo nome guadagna maggior interesse per gli investigatori quando nel 2016, durante una telefonata con un suo confidente, lo stesso Selvatico, con un nome falso, dichiara: “Tutti sanno chi ha ucciso Willy […] se va avanti così qui ci arrestano tutti“.
Durante quella chiamata sotto mentite spoglie, secondo gli inquirenti, Selvatico avrebbe anche tentato di carpire informazioni riguardo possibili nuovi sviluppi nelle indagini. A seguito di accertamenti più approfonditi sul pensionato di Goro, il Pm formula a suo carico l’accusa di concorso in omicidio volontario. In sostanza l’anziano avrebbe tentato di impadronirsi di informazioni relative all’inchiesta col fine di trarre vantaggio da quest’ultime e proteggere sé stesso. Nel gennaio 2020 l’ultimo interrogatorio fiume davanti agli inquirenti per il sospettato. All’uscita dell’aula, volgendosi per un’istante ai microfoni dei giornalisti, l’uomo dichiara: “Sono innocente, non ho ucciso il giovane!“. Il pensionato di Goro muore all’Ospedale del Delta il 14 settembre 2020 e con la sua morte cala il sipario su uno dei personaggi “custodi”, per certo, di molti altri segreti riguardanti il piccolo borgo immerso nelle nebbie del Ferrarese.
Il macellaio
Ancor prima dei goffi tentativi di depistaggio di Selvatico, le attenzioni degli investigatori vengono attratte da alcune confessioni rilasciate da un prete al giornalista Luca Bianchi del Resto del Carlino, poco dopo la disposizione della riapertura del caso Branchi. Il religioso di cui abbiamo già parlato è Don Tiziano Bruscagin, parroco di Goro al tempo dell’omicidio. Il sacerdote dice di conoscere i responsabili del delitto: tre persone, di cui una avrebbe materialmente ammazzato il ragazzo con una pistola per macellare i maiali e le altre due avrebbero partecipato all’occultamento del cadavere, gettandolo nudo lungo l’argine del Po.
Il parroco sostiene che Willy fosse il trastullo del suo aguzzino e dichiara testualmente: “Willy era il suo amante occasionale.“, e sostiene altresì che Willy si sarebbe stancato di quel rapporto che avrebbe voluto troncare. Sempre testualmente dalle rivelazioni di Don Bruscagin a Bianchi si legge: “[…]il ragazzo nella sua ingenuità ha detto ‘ora lo dico a mio fratello.” Il Prete non fa nessun nome al giornalista, afferma che le identità sono coperte dal segreto confessionale, ma una volta convocato in Questura a Ferrara quei nomi agli inquirenti deve farli.
I nomi sono quelli di Ido Gianella, macellaio di Goro, e dei figli Alfredo e Aldo. Secondo il parroco Willy e Ido intrattengono un rapporto molto stretto al tempo dell’omicidio. Spesso don Bruscagin dice di notare il giovane mentre parcheggiava la sua bicicletta nel garage dei Gianella per poi passare diverso tempo in compagnia di Ido. L’omicidio di Willy quindi sarebbe legato a Ido Gianella solo perchè titolare di una macelleria dunque in grado di usare una pistola captiva per uccidere il giovane?
Willy, per il suo assassino vizioso, sarebbe dunque solo un danno collaterale, un piccolo tassello, una minima parte di un ben più ampio mosaico, squallido quanto macabro. Un’ulteriore testimonianza nel 2019 giunge a fagiolo per quanto riguarda i vizi nascosti di certe persone. La fonte, che preferisce rimanere anonima, dichiara ad un giornalista che alla fine degli anni ottanta un collega gli rivelò di partecipare ad alcuni festini omosessuali in cambio di denaro e regali costosi. A quei tristi festini avrebbe partecipato gran parte della media borghesia di Goro di cui avrebbe fatto parte anche il “macellaio“, deceduto nel 2003 a 82 anni. Sulla tomba dello scomparso qualcuno, non identificato, aveva scritto la parola “assassino”. Anche questa pista non portava a nulla e gli inquirenti voltavano pagina.
L’unico indagato sarà Don Bruscagin, poi condannato dal Tribunale di Ferrara, in primo grado e col giudizio abbreviato, alla pena di un anno e mezzo di reclusione per calunnia. Verrà prosciolto nel 2022 poiché secondo la Corte d’Assise e d’Appello di Ferrara il prete si limitò a riferire pettegolezzi di paese dunque il fatto non sussiste.
Omertà sovrana
A 36 anni di distanza durante una puntata di “Chi l’ha visto?” dello scorso giugno, veniva mostrata una lettera anonima indirizzata al fratello di Willy. Nel messaggio si sollecita ad indagare su un ragazzo veneto che dormiva dentro i pescherecci. Si fa riferimento anche ad una volta in cui quest’ultimo venne soccorso dai carabinieri che lo rinvennero in stato di ipotermia all’interno di una imbarcazione. Uno stralcio della lettera evidenzia per bene il fatto: “Dovreste ricordare ai tutori della legge di allora di un ragazzo veneto, fuori di testa, che in inverno dormiva sui pescherecci, fu ritrovato mezzo congelato”. Il dettaglio in questione è in effetti confermato dal colonello Mauro Mauronese e le indagini in merito sono tutt’ora in corso. La famiglia Branchi, dietro consiglio dell’avvocato Simone Bianchi, ha fatto installare quattro cassette della posta in cui chiunque abbia visto o saputo qualcosa può depositare messaggi in totale anonimato.
Una di queste è stata piazzata in un luogo molto significativo, al Lido di Volano, sull’altra sponda del Po, in territorio veneto. I luoghi dove sono stati allocati i contenitori, secondo il consulente investigativo Davide Tuzzi, fanno da snodo al famigerato giro di prostituzione di cui Willy sarebbe stato vittima: “Abbiamo avuto notizie confidenziali su un giro di sesso e prostituzione nella pineta – dice Tuzzi – C’era all’epoca e c’è anche adesso, non è cambiato nulla”. Infatti nulla è cambiato, ieri come oggi.