Il mito di vivere “on the road” non tramonta mai: da Kerouac ai nuovi Lifelighter

Dalla Beat Generation ai moderni viaggiatori leggeri, la vita nomade resta un richiamo di libertà e ricerca interiore.

“On the road” (letteralmente “sulla strada”) è il noto romanzo autobiografico del 1951 scritto da Jack Kerouac, basato su una serie di viaggi in automobile, autobus o in autostop per le impervie strade degli USA. Il viaggio attraversa New York, Chicago, Denver, San Francisco, Los Angeles, e New Orleans. La narrazione segue i viaggi dei personaggi principalmente lungo le strade che connettono l’Est all’Ovest degli USA, con tappe e deviazioni che includono città e aree come New Jersey, la costa occidentale e il Messico. La motivazione è racchiusa in queste frasi del romanzo: “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati”, “Dove andiamo?”, “Non lo so, ma dobbiamo andare»”.

Il libro divenne in seguito un testo di riferimento, quasi un manifesto, una sorta di bibbia, della Beat Generation, un movimento culturale statunitense degli anni ’50 e ’60, caratterizzato dal rifiuto del conformismo e dei valori tradizionali della società americana del dopoguerra. Il termine “beat” indicava un senso di ribellione, stanchezza o abbattimento, ma anche un’idea di ritmo e spiritualità, abbracciando uno stile di vita anticonformista, viaggi, droghe, spiritualità orientale e un’esplorazione della condizione umana. 

Una vita “on the road” è un’avventura caratterizzata da libertà, flessibilità e mancanza di itinerari rigidi, che permette di scoprire luoghi inaspettati e di vivere il viaggio al proprio ritmo

Una vita “on the road” (letteralmente “sulla strada”) è un’avventura in auto o altro mezzo proprio, caratterizzata da libertà, flessibilità e mancanza di itinerari rigidi, che permette di scoprire luoghi inaspettati e di vivere il viaggio al proprio ritmo. Non ha una destinazione finale fissa ma un percorso a tappe, con la possibilità di deviare e improvvisare, esplorando anche località meno conosciute e difficili da raggiungere coi mezzi pubblici. Le sue peculiarità sono: viaggiare con un mezzo proprio, principalmente auto, camper o moto, per potersi spostare quando se ne ha voglia; flessibilità e improvvisazione, non ci sono orari o tappe prestabilite, ma si va dove porta il Caso e la Necessità; è un modo per inoltrarsi in luoghi poco esplorati dal turismo di massa; è la massima espressione di libertà in quanto lo spostamento dipende dalla propria volontà; non si resta in un unico posto ma si diversificano i luoghi da visitare per cui ogni notte si dorme in posti diversi; grande capacità di adattamento agli imprevisti che possono capitare.

A scegliere la vita “on the road” sono anche prrsone che si lasciano alle spalle una florida carriera e una vita sociale e privata soddisfacente per prendere del tempo per se stessi.

Ebbene questa concezione della vita ha stuzzicato molte persone che, ad un certo punto della loro vita, hanno deciso di recidere il cordone ombelicale col passato, abbandonando carriere, case, relazioni sociali. Vivono alla giornata, utilizzando furgoni, camper e con uno zaino in spalla si lanciano nell’avventura alla scoperta dell’essenziale a discapito del superfluo. Sono stati definiti “Lifelighter”, ossia coloro che vivono con leggerezza. Si tratta sia di giovani che persone anziane, che hanno mollato tutto perché già conducevano una vita grama, fatta di fallimenti personali e professionali. Oppure di chi si lascia alle spalle una florida carriera e una vita sociale e privata soddisfacente.

E’ il richiamo della foresta che li spinge al cambiamento di rotta. Nel senso di ricerca di sé, dell’essenziale. Sopravvivono con poco, con lavoro occasionali o come freelance, perché l’importante è il vitto e l’alloggio, il resto conta poco. Un vero sovvertimento di paradigma culturale che spinge tante persone, per qualsiasi motivo, alla ricerca del “senso” della vita. In una società in cui l’individualismo esasperato dalla tecnologia l’ha collocato ai margini dell’esistenza!

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