Vigilessa di Temù uccisa dalle figlie e dal loro amante per celebrare la forza del trio

La sconcertante banalità del male nelle motivazioni della condanna all’ergastolo: nessun movente d’odio o economico, soltanto egocentrismo.

TEMU’ (Brescia) – Paola e Silvia Zani insieme a Mirto Milani sono stati condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Laura Ziliani, mamma delle due imputate. Il “trio criminale”, secondi i giudici della Corte d’Assise di Brescia, non ha agito per soldi o per odio, piuttosto “per gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione”. Insomma roba da non credere. I tre assassini, rei confessi, avrebbero ammazzato l’ex vigilessa di Temù per incentivare il proprio egocentrismo per poi portare al massimo la loro complicità in un crimine che rimane orrendo, soprattutto perché compiuto dalle due figlie della vittima con la complicità del loro fidanzato-amante.

Il luogo del ritrovamento del cadavere della Ziliani alla periferia di Temù

La sentenza è stata comminata l’8 dicembre scorso ma le motivazioni sono state rese note nei giorni scorsi. In buona sostanza fra i tre sicari non ci sono “figure dominanti e di personalità recessive patologicamente manipolabili o suggestionabili. I tre hanno agito di concerto tra loro concorrendo a comporre, ciascuno per la propria parte, il mosaico del progetto criminoso. La tesi della gratificazione dell’ego, che in psicologia corrisponde all’io interiore di una persona o ad un termine spregiativo per indicare una persona con eccessiva determinazione e arroganza, sarebbe confermata dalle modalità dell’omicidio. I giudici bresciani si sono anche chiesti perché gli imputati non hanno ucciso Laura Ziliani gettandola in un burrone durante un’escursione in montagna? Le toghe, in 98 pagine di motivazioni, rispondono alla domanda:

”Perché evidentemente l’alternativa della simulata caduta in un dirupo sarebbe stata troppo banale per gratificare l’ego del gruppo, a dimostrazione che l’omicidio, in sé e per sé considerato, non costituiva agli occhi degli esecutori un progetto abbastanza ambizioso ed accattivante per poter celebrare adeguatamente la loro coesione. In tal modo gli imputati hanno architettato un piano cervellotico, a cui le serie Tv hanno offerto una forte componente, di imitazione e ispirazione”.

Le due sorelle Zani trasferite dal carcere al tribunale di Brescia

Per il presidente della Corte, Roberto Spanò, il movente economico è da escludere perché “Il fine di lucro non pare in grado di poter giustificare, se non in termini genericamente recessivi, la commissione di un fatto così efferato, tanto quanto quello dell’odio, in quanto dall’istruttoria dibattimentale – si legge in atti – non è infatti emerso che tra la madre e le figlie esistessero fratture insanabili. Al contrario Silvia ha ammesso che i rapporti erano buoni e che lei e la genitrice erano molto legate”.

In merito al solido patrimonio della vittima, soldi e immobili, l’unica persona che avrebbe mostrato interesse nel mettere le mani sulle ricchezze della Ziliani sarebbe stata Mirna Donadoni, madre di Mirto Milani. La donna , dicono i giudici, sarebbe stata al corrente dell’omicidio probabilmente sin dall’inizio del piano criminoso:

” La donna – si legge nelle motivazioni – sin dal giorno della scomparsa della Ziliani, si è infatti precipitata a Temù per riscuotere crediti, stipendi e liquidazioni spettanti alla vittima, contattando uffici pubblici ed escutendo, persone private, nella convinzione, o speranza, che questa non sarebbe ritornata a casa. Il ruolo debordante da convitato di pietra assunto dalla donna può avvalorare il sospetto che il figlio l’abbia messa sin da subito a conoscenza dell’omicidio”.

Mirto Milani

Insomma per ammazzare la dipendente comunale i tre si sono ispirati alle fiction tv, come la serie di telefilm Dexter e Breaking Bad, progettando di uccidere la donna ben due anni prima di quel tragico agosto del 2021. Infatti la tisana con l’antigelo, il veleno nei bocchettoni dell’aria condizionata, il dolci imbottiti di benzodiazepine, sono solo alcuni dei tentativi di ammazzare Laura Ziliani che poi finisce per morire soffocata dalle due figlie e dell’improbabile futuro genero che aveva rapporti intimi con le due germane matricide:

La lettura della sentenza

”Le dicevo muori puttana mentre la strangolavo – confessava Silvia Zani –  Pensavo che sarebbe stato tutto molto più rapido e meno doloroso. Credevo che sarebbe durato meno di un minuto, pochi secondi e che sarebbe presto finito tutto. Invece ne è uscito un pasticcio”.

I tre assassini avevano dapprima ipotizzato di uccidere Laura a coltellate, poi con il monossido di carbonio sino ad optare per la sedazione e soffocamento. Tre boia improvvisati, non c’è che dire.

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