Leggi (apparentemente) rispettate, ragioni di fondo comprensibili, dove sta allora il problema? I problemi si chiamano inopportunità ed incoerenza, e si declinano almeno in una triplice fattispecie.
L’ex Ministra Elisabetta Trenta alla fine ha desistito: “mio marito ha presentato rinuncia per la casa. Traslocheremo”. Il pressing dell’opinione pubblica è stato troppo forte.
Mi pare, però, che la sua vicenda sia un po’ più complessa rispetto a come è stata presentata da tutti i media, che l’hanno tagliata con l’accetta. In verità, la pretesa di Trenta (e consorte) si è rivelata desolantemente ingenua, smaccatamente inopportuna, ma anche intrinsecamente comprensibile.
Da un punto di vista giuridico e formale, intanto, sembra proprio (gli accertamenti sono ancora in corso) che il procedimento previsto dalla legge per simili ipotesi sia stato rispettato. Certo, suscitano una certa perplessità determinate coincidenze cronologiche ed un tempismo quantomeno discutibile (la promozione del marito subito dopo la fine dell’incarico ministeriale della moglie, per esempio). Probabilmente è vero che se uno dei due membri della coppia non fosse stato un ex Ministro della Difesa, la procedura si sarebbe attivata con meno solerzia. Ma diciamo che la legge, seppur dopo essere stata un po’ stiracchiata, al momento non risulta violata.
Allo stesso modo, anche le motivazioni candidamente confessate da Trenta in un’intervista al Corriere e che hanno suscitato tanta indignazione nell’opinione pubblica (rimarrà agli annali la filippica di Myrta Merlino), mantengono un certo, verosimile filo logico e non si possono liquidare come semplici capricci da star.
“Noi prima facevamo una vita completamente diversa (…) se vivevamo in due uno sull’altro poteva andare bene, poi le condizioni sono cambiate. E anche adesso continuo ad avere una vita diversa (…) una vita di relazioni e incontri”. Che la vita di un ex ministro e dirigente politico sia diversa da quella di un qualsiasi altro cittadino mi pare di tutta evidenza. Che diventare Ministro della Repubblica cambi la quotidianità di una persona in maniera irreversibile non mi sembra invero una notizia sconvolgente.
Quindi: leggi (apparentemente) rispettate, ragioni di fondo comprensibili, dove sta allora il problema? I problemi si chiamano inopportunità ed incoerenza, e si declinano almeno in una triplice fattispecie.
Vi è intanto un profilo di inopportunità oggettiva. Un ex ministro non vive in un mondo a parte, vive nel nostro. E se anche in linea teorica non vi fosse nulla di male a godere di determinate prestazioni differenziali a seguito del delicato ruolo ricoperto, in linea pratica si devono poi fare i conti con un Paese in cui la disoccupazione è alle stelle ed i giovani fuori sede in cerca di un alloggio con 540 euro al mese ci raccattano a malapena una stanza singola (non certo un appartamento di 180 mq nel centro di Roma). Quindi, ex ministra, non era il caso di impuntarsi.
In secondo luogo, esiste un problema di incoerenza rispetto al proprio partito. I 5stelle sono nati esattamente sulla lotta al privilegio. E’ la loro ragione di esistenza, la loro missione sociale, il motivo del loro successo. Su quasi tutto Le era concesso venire meno, tranne che sul rappresentare un’apparenza di privilegio, ex ministra.
In terza battuta, sussiste una questione di inopportunità soggettiva. La carriera politica di Elisabetta Trenta finisce chiaramente oggi: è bastato un solo atto per rovinare ogni possibile credibilità futura. L’ex ministra sarà ricordata per sempre come “quella della casa”. In tempi di tweet, comunicazione immediata e slogan manichei funziona così.
Ciò che forse dovremmo chiederci, allora, non è tanto se l’ex ministra abbia ragione o torto in questa specifica vicenda, ma semmai come siamo arrivati a tutto questo. Come siamo arrivati ad una società in cui un’intera generazione di disoccupati è costretta a emigrare fuori sede e non riesce nemmeno a trovare un alloggio a costi ragionevoli? In che popolazione esausta ci siamo tramutati, per premiare come prima forza politica alle elezioni un movimento fondato sulla ragione sociale del “vaffanculo” alle élites? Che si eccita per la promulgazione di una norma non solo velleitaria (dal punto di vista del risparmio) ma persino pericolosa (dal punto di vista della rappresentanza democratica) come quella che prevede il taglio dei parlamentari senza una contestuale riforma dell’assetto costituzionale? Come siamo scivolati nell’inetta semplicità di una politica-tweet, in cui non ci si confronta più sul merito nei problemi, ma ci si divide in buoni e cattivi e per avere successo bisogna curare di più la propria immagine che la propria sostanza?
In altre parole, ex Ministra Trenta, perché Lei, che ha avuto l’onore di ricoprire un incarico così importante ed è tuttora un dirigente politico di rilievo, non ha saputo affrontare (o, quanto meno, spingere chi poteva ad affrontare) problemi così ingombranti?
Il vero tema non è se Lei meriti o meno la casa adesso. La domanda è, semmai, se quella casa l’abbia meritata prima, quando era in carica. Ha davvero fatto abbastanza per meritare di diventare nostro Ministro?