Uccide la madre per la pensione e la sotterra nel bosco: tradito dalle protesi

Il corpo smembrato di Liliana Agnani è stato identificato grazie a due “viti” impiantate all’ospedale Galeazzi. Così gli inquirenti sono arrivati al figlio.

MILANO – Ammazza la mamma, la fa a pezzi e seppellisce il corpo smembrato nel bosco per intascare la pensione. Dopo quasi due anni il supposto matricida è stato arrestato ma l’uomo nega qualsiasi responsabilità. Mentre i carabinieri gli stringevano le manette ai polsi il presunto assassino si esaltava per la vittoria dell’Inter sull’Atalanta. Ma andiamo ai fatti. Il 10 ottobre 2022 un cercatore di funghi segnalava ai carabinieri la presenza di resti umani nel Parco del Ticino, in località San Martino di Trecate. I militari del Nucleo investigativo dei carabinieri di Novara, diretti dal maggiore Alessandro Perrotta, repertavano ciò che rimaneva di una salma di donna inviando le parti dello scheletro al Labanof dell’Università degli Studi di Milano per l’analisi forense del cadavere. Gli anatomopatologi rinvenivano due protesi spinali al titanio che avevano impressi i numeri di serie dei materiali e il nome della ditta costruttrice.

Da questi particolari i militari si rivolgevano all’ospedale Galeazzi che forniva i nomi di sette pazienti operati in ortopedia e ai quali erano state impiantate le medesime protesi. Fra queste sette persone figurava Liliana Agnani, 80 anni, disabile. Una volta svolte le difficili ricerche della donna gli investigatori dell’Arma si rivolgevano al medico di base della pensionata che telefonava al figlio della donna, l’agente immobiliare Stefano Emilio Garini, 62 anni, separato con due figli. Il sanitario chiedeva all’uomo se fosse possibile visitare l’anziana donna ma Garini glissava la richiesta dicendo che la madre godeva di ottima salute e che momentaneamente si trovava in casa del fratello a Rovigo dunque non sarebbe stato possibile visitarla.

La vittima e il figlio presunto matricida

I carabinieri per nulla convinti della risposta, attesa la morte del fratello della donna risalente a due anni prima, avviavano le indagini effettuando perquisizioni, interrogando familiari e amici per poi proseguire con verifiche patrimoniali e bancarie.  Fra i testi ascoltati c’era anche la figlia di Garini che viveva con la nonna ed un’altra donna a Milano. La nipote della vittima rivelava che la povera Liliana era stata vista per l’ultima volta la sera del 18 maggio 2022 quando il figlio aveva deciso di portare sua madre a fare una passeggiata con tanto di pranzo in ristorante (che risulterà chiuso) nonostante le precarie condizioni di salute della pensionata provocate da una brutta caduta.

Un vicino di casa, di contro, riferiva ai militari di avere incontrato Garini la mattina del 19 maggio e di avere appreso per bocca dell’agente immobiliare della morte di Liliana, avvenuta in ospedale. Gli investigatori scopriranno anche che, il 5 maggio di due anni fa, l’uomo avrebbe fatto celebrare un funerale senza feretro nella parrocchia del quartiere Barona di Milano con tanto di affissione di necrologi. L’1 ottobre scorso l’uomo veniva sottoposto ad un primo interrogatorio per rispondere alle accuse di omicidio volontario premeditato e soppressione di cadavere. Sulle prime il presunto assassino raccontava di una gita nei boschi con la madre e la sosta presso il ristorante ”La Chiocciola” di Trecate che proprio quel giorno risultava chiuso per turno.

Poi i due avrebbero passeggiato lungo il fiume sino a quando la donna, dopo aver espletato bisogni fisiologici, sarebbe scivolata rovinosamente sul greto del fiume. A questo punto, secondo il racconto dell’indagato, la donna sarebbe morta a seguito dell’incidente mentre il figlio, una volta constatato il decesso, se ne sarebbe tornato a casa. Il giorno dopo avrebbe tentato di ritornare sui suoi passi senza però ritrovare il punto esatto nel bosco dove la madre era spirata.

Il Ris sul greto del fiume per i rilievi scientifici

La ricostruzione di Garini faceva acqua da tutte le parti e mentre l’uomo veniva tradotto in carcere i carabinieri, coordinati dal procuratore capo di Novara, Giuseppe Ferrando, e dal Pm Paolo Verri, scoprivano quello che potrebbe essere il movente del matricidio. L’agente immobiliare, infatti, non denunciando la scomparsa della madre, avrebbe continuato ad incassare la pensione Inps dell’anziana donna, mettendosi in tasca 22.567 euro, oltre ad un assegno mensile di invalidità erogato dal Comune di Milano per un importo di 4.800 euro. All’uomo, che rimane in cella, venivano contestati i reati di truffa aggravata, autoriciclaggio e falsità ideologica in atti pubblici.

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