Omicidio Cecchettin, l’orrore di quella notte nel verbale della confessione dell’ex al pm: “Mi ha detto che ero troppo appiccicoso e voleva andare avanti senza di me. Allora ho preso il coltello e l’ho rincorsa”.
Verona – “Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo ma lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Giulia mi ha detto che ero troppo appiccicoso. Si stava sentendo con un altro ragazzo e voleva andare avanti senza di me. Quindi ho preso il coltello e l’ho rincorsa”. Poi la lite, l’aggressione e il barbaro femminicidio, E’ un resoconto lucido e spietato quello che Filippo Turetta fornisce durante l’interrogatorio-confessione al pm di Venezia Andrea Petroni, il cui verbale è stato diffuso ora dalla trasmissione tv ‘Quarto grado’. Un racconto che fa luce sui particolari di quella drammatica notte dell’11 novembre scorso a Vigonovo, quando lui, 22enne di Torreglia, ha ucciso la sua ex con decine di coltellate e poi ne ha occultato il cadavere in un canalone, dove sarà ritrovato la settimana dopo. Un femminicidio che ha sconvolto l’Italia e ha suscitato dolore e indignazione sfociati in manifestazioni pubbliche, con i funerali della giovane seguiti in diretta tv da milioni di spettatori.
Davanti al pm Filippo Turetta ripercorre le ore precedenti al femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, una serata apparentemente normale trascorsa in un centro commerciale di Marghera, prima lo shopping e poi la cena. Quindi lui la riaccompagna a casa con l’auto, una Fiat Grande Punto di colore nero, ma invece di portarla sulla soglia si ferma a un parcheggio a circa 150 metri di distanza dall’abitazione della ragazza. E qui comincia il diverbio. “Ero molto arrabbiato – racconta -. Prima di uscire dall’auto, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore mentre eravamo in macchina lei ha iniziato a dirmi ‘cosa stai facendo? sei pazzo? Lasciami andare’. C’eravamo fermati in mezzo alla strada, ho provato a metterle lo scotch sulla bocca, non mi ricordo se se l’è tolto o è caduto da solo perché non l’avevo messo bene. Si dimenava. È scesa e ha iniziato a correre”.
Il racconto è lucido particolareggiato come la sceneggiatura di un film dell’orrore: “Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia”. Un’orribile mattanza: secondo l’autopsia le coltellate inferte da Turetta furono 75 e la morte di Giulia sopraggiunse per shock emorragico provocato dai fendenti e dal colpo alla testa. Inferti senza pietà alcuna: “Mi ricordo che era rivolta all’insù, verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. Giulia era come se non ci fosse più. L’ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti”.
Dopo essersi sbarazzato del cadavere della giovane, abbandonato vicino al lago di Barcis, Turetta inizia la fuga che durerà in tutto sette giorni, prima di essere catturato in Germania: “Ho riacceso il telefono. Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l’effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e ad essere arrestato”.
Il resto è cronaca nota.
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