Nella notte un'azione militare improvvisa voluta da Trump ha ucciso a Baghdad Qassem Soleimani, numero due dell'Iran. La situazione è in continua evoluzione, si teme una escalation miliare.
“Soleimani era un assassino responsabile della morte di migliaia di persone, inclusi centinaia di americani. Ma la mossa avventata provoca un’escalation della situazione con l’Iran (…) Trump ha gettato una dinamite in una polveriera”.
Questi i laconici commenti di Joe Biden, aspirante sfidante democratico di Trump: rappresentano piuttosto iconicamente quanto accaduto nella notte.
Un drone, su ordine diretto del Presidente, è stato inviato in un’azione solitaria in prossimità dell’aeroporto di Baghdad. Da lì il velivolo ha sganciato un missile che ha centrato Qassem Soleimani, il più potente generale iraniano. Aveva 62 anni ed era conosciuto come il numero due del governo dell’Iran: aveva appena lasciato l’aeroporto a bordo di un’autovettura. Insieme a lui colpito e ucciso anche il leader della milizia filo-iraniana più attiva in territorio iracheno.
Il raid americano giunge a distanza di due giorni dall’assalto all’ambasciata statunitense in Iraq: le immagini avevano fatto il giro del mondo, ma niente lasciava presagire una simile reazione a stelle e strisce. Anche Congresso sarebbe stato preso in contropiede, pare, giacché le primissime voci raccontano di un Presidente Trump che non avrebbe avvertito nessuno preventivamente, limitandosi a postare sui social, nella notte, le immagini di una bandiera americana e rivendicando solo dopo alcune ore la paternità dell’azione militare. Una modalità di azione del tutto non convenzionale.
Lo sconcerto è palpabile ad ogni angolo del globo, le notizie rimbalzano disordinate minuto dopo minuto e la reazione degli iraniani è rabbiosa e scomposta: “Tale atto malvagio e codardo è un’altra indicazione della frustrazione e dell’incapacità degli Stati Uniti nella regione per l’odio delle nazioni regionali verso il suo regime aggressivo”, le parole di Hassan Rohani, presidente dell’Iran. Il Leader Supremo, l’ayatollah Ali Khamenei, intanto promette rappresaglie. E il prezzo del petrolio vola alle stelle.
Anche l’opinione pubblica statunitense appare divisa tra il compiacimento per l’eliminazione di un soggetto considerato tra i principali nemici della politica atlantica e lo sgomento, non solo per le modalità del tutto improvvise dell’attacco, ma anche per le conseguenze a cui una simile azione potrebbe condurre. Si parla insistentemente dell’inizio di una nuova guerra. Di certo con l’Iran non sarebbe una passeggiata.