Tirata d’orecchi di Bruxelles all’Italia: assegno familiare anche agli stranieri

Ue, i contributi per i figli a carico devono essere erogati anche agli europei che sono appena arrivati, anche se di un altro Paese.

Roma – L’Unione Europea ha ammonito l’Italia: l’assegno familiare va elargito anche ai lavoratori stranieri. Ancora un deferimento contro il Belpaese alla Corte di Giustizia europea, con la seguente motivazione: i contributi per i figli a carico devono essere erogati anche agli europei che sono appena arrivati, anche se i loro figli sono in un’altra nazione.

“Prendi e porta a casa” si diceva un tempo, a significare “incassa il colpo e vedi come reagire”. Tuttavia, il fatto di per sé non ha sconvolto più di tanto l’opinione pubblica. Una parte perché spossata dal caldo infernale di questi giorni e alle prese con le consuete incombenze della vita quotidiana. L’altra, immersa nel clima festaiolo delle vacanze, cerca, giustamente, di pensare a divertirsi. Nemmeno la stampa mainstream sembra essersi destata dal torpore estivo, tanto un deferimento in più uno in meno, non cambia nulla per un Paese che è aduso alle infrazioni. La Commissione Europea, organo esecutivo dell’UE, ha ribadito in una nota, testualmente: “il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili costituisce una discriminazione e viola il diritto dell’Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale”.

Non è la prima volta che ci vengono tirate le orecchie e non sarà nemmeno l’ultima, ahinoi, vista l’attitudine a commettere infrazioni. Un comportamento da monelli che non crescono mai, a cui la tiratura d’orecchie non fa né caldo, né freddo, come se il rimprovero fosse sopportabile rispetto al desiderio di infrangere o non rispettare le regole. Si potrebbe ricorrere al cartellino giallo come nel gioco del calcio, con cui si viene ammonito per gioco falloso o scorretto e che funge da deterrente, in quanto al secondo giallo si viene espulsi dal gioco. Oppure direttamente al cartellino rosso, che designa falli talmente gravi da meritare l’espulsione. Se venissero utilizzati questi strumenti, la nostra amata Italia sarebbe stata espulsa con ignominia dal contesto europeo. Non è che gli altri siano tutti dei santi, però noi riusciamo sempre a distinguerci e non per aspetti positivi.

Due anni fa, in Italia è stato introdotto l’“Assegno unico e universale per i figli a carico”, secondo cui i lavoratori non residenti sul suolo nazionale con i figli residenti in un altro paese, non usufruiscono di questa erogazione. Per l’Europa questa restrizione viola il diritto comunitario, perché discrimina i lavoratori mobili nell’UE, dal momento che uno dei principi cardini è la parità di trattamento, senza distinzioni di nazionalità.

La nota della Commissione prosegue evidenziando che i lavoratori stranieri, poiché pagano le tasse come quelli italiani, contribuendo al sistema di sicurezza sociale, devono godere delle stesse prestazioni. Questo vale anche per chi lavora in Italia senza risiedervi e per coloro trasferitivi da poco tempo. Così come i lavoratori che hanno i figli residenti in un altro Paese dell’UE, hanno diritto alle stesse prestazioni familiari dei lavoratori italiani. La ratio della nota della Commissione è che le regole europee escludono il concetto di residenza come requisito per ottenere prestazioni di sicurezza sociale, come gli assegni familiari.

Ora sarebbe interessante conoscere le motivazioni per cui il nostro Paese incorre in tante infrazioni. Se dipendono da incompetenze, ignoranza della normativa europea o, peggio, da una precisa volontà politica, il cui effetto, nella migliore delle ipotesi, è di essere ridicolizzati, sbeffeggiati e derisi dagli altri Paesi, oppure, nella peggiore, di depauperare il Paese di risorse economiche e sociali!

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