Klajdi Mjeshtri, 28 anni, ha confessato di aver ammazzato a calci e pugni Giuseppe Tucci in una discoteca di Rimini. Movente la gelosia.
RIMINI – Alla sbarra con giudizio immediato il buttafuori albanese che aveva picchiato a sangue il vigile del Fuoco uccidendolo. Klajdi Mjeshtri, 28 anni, reo confesso, dovrà rispondere di omicidio volontario per la morte di Giuseppe Tucci, pompiere foggiano di 34 anni in servizio aeroportuale, sposato con un figlio, ammazzato a calci e pugni la notte fra il 10 e l’11 giugno scorso dopo una vera e propria aggressione consumatasi nella discoteca Frontemare. La richiesta del rito immediato è stata fatta dal Pm Davide Ercolani dopo la chiusura delle indagini condotte dalla polizia. Si attende dunque la decisione del Gip romagnolo che dovrà fissare l’udienza in Corte d’Assise durante la quale i difensori dell’imputato, gli avvocati Massimiliano Orrù e Piero Ippoliti, potranno chiedere il rito abbreviato.
Ma andiamo ai fatti. Tucci si trovava in discoteca, ubicata in viale Principe di Piemonte 30, con un amico. Sarebbe nato un iniziale diverbio con Klajdi Mjeshtri, addetto alla sicurezza del locale, per una parola di troppo rivolta ad alcune ballerine e alla sua fidanzata di cui pare l’albanese fosse molto geloso. Il vigile del Fuoco ed il suo amico sarebbero stati accompagnati fuori dalla locale da ballo-ristorante e la cosa sembrata finita lì. Diversi testimoni oculari, infatti, avevano riferito agli inquirenti di avere assistito ad un litigio poi apparentemente finito. Dopo una mezz’ora, a sentire gli altri buttafuori, Tucci sarebbe tornato da solo sui suoi passi tentando di entrare in discoteca da un ingresso secondario.
L’uomo sarebbe stato accompagnato fuori dalla struttura, ancora una volta, dagli uomini della sicurezza ma Mjeshtri l’avrebbe raggiunto e picchiato all’esterno del locale. In un vicolo adiacente al locale l’albanese, grande e grosso, certamente più forte del pompiere, avrebbe sferrato alla vittima almeno cinque pugni in faccia e al torace provocandogli l’immediata perdita di sensi che faceva rovinare la vittima sull’asfalto. L’uomo veniva soccorso dagli operatori sanitari del 118 e condotto d’urgenza all’ospedale “Infermi” di Rimini dove arrivava in coma. Sul luogo invece si recavano gli uomini della Mobile per i rilievi di rito e operavano il fermo del buttafuori. Dopo un giorno di agonia e senza riprendere conoscenza nonostante gli sforzi dei medici, Giuseppe Tucci spirava il 12 giugno fra la disperazione dei familiari, dei parenti e degli amici più cari.
L’autopsia evidenzierà una vasta emorragia cerebrale, praticamente inarrestabile, che provocava il decesso dell’uomo nel giro di 24 ore. La Procura di Rimini contesta al buttafuori due aggravanti, ovvero la minorata difesa della vittima essendo il buttafuori più forte fisicamente e le circostanze in cui si è verificato il delitto: quando Klajdi Mjeshtri ha raggiunto Tucci per colpirlo, il pompiere era già scortato da altri addetti alla sicurezza che lo stavano accompagnando fuori dal locale. Il Pm Ercolani ha anche contestato una seconda aggravante all’indagato, ristretto in carcere dal giorno dell’omicidio, e che riguarda l’abuso di prestazione d’opera perché Mjeshtri aveva agito in qualità di addetto alla sicurezza della discoteca Frontemare.
Il padre del vigile del fuoco, Claudio Tucci, accorreva da Foggia a Rimini per vedere un’ultima volta il figlio e per esaudire il suo ultimo desiderio ovvero l’espianto degli organi cosi come aveva disposto il coraggioso vigile del Fuoco. Durante l’interrogatorio di garanzia Klajdi Mjeshtri aveva ricostruito il pestaggio con le lagrime agli occhi:
“L’ho allontanato dalla discoteca una prima volta perché infastidiva la mia ragazza – aveva detto il buttafuori agli inquirenti – poi è tornato cercando lo scontro e mi ha provocato…Lo abbiamo allontanato una prima volta ma lui è tornato indietro. Mi sono sentito aggredito, lui mi ha provocato e insultato…Ho reagito con quattro pugni alla parte alta del corpo e altri due a quella bassa…”.
A seguito del gravissimo atto di violenza il Questore di Rimini aveva emesso un provvedimento di chiusura nei confronti del Frontemare, sulla base dell’articolo 100 del Tulps, in quanto ritenuto locale “a rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza”. Un paio di mesi dopo l’omicidio due lettere anonime venivano recapitate ai quotidiani riminesi. Le missive contenevano minacce di morte nei riguardi dei due titolari della discoteca e dello stesso presunto assassino. Le indagini sono ancora in corso.