senato terzo mandato

Terzo mandato, la sconfitta della Lega spacca il centrodestra

L’emendamento per salvare Zaia bocciato in commissione: FdI si astiene, FI dice no, le opposizioni parlano di “gioco al massacro”.

La Lega ha incassato una sonora sconfitta al Senato sul tema del terzo mandato per i presidenti di Regione. L’emendamento presentato dal Carroccio al ddl assessori regionali è stato respinto in commissione con 15 voti contrari e soli 5 favorevoli, tra cui quelli di Italia Viva e del rappresentante delle Autonomie. Ma il dato più significativo è l’astensione di Fratelli d’Italia: sia il presidente della commissione Alberto Balboni che il senatore Domenico Matera hanno scelto di non votare, rendendo plastiche le divisioni interne alla maggioranza.

Per il centrodestra non è certo un bello spettacolo. La votazione ha infatti cristallizzato uno scontro che va avanti da mesi e che vede contrapposti gli alleati su una questione che tocca direttamente gli interessi della Lega.

Luca Zaia

Il Carroccio, nel disperato tentativo di salvare in extremis Luca Zaia, aveva giocato la carta di questo emendamento presentato martedì all’ultimo minuto. Una mossa che sapeva tanto di bandierina alzata per calmare le acque interne al partito, considerando che la questione non riguarda solo il governatore del Veneto oggi ma anche Massimiliano Fedriga in futuro.

I no di FI e l’ambiguità di FdI

Le ragioni del fallimento erano note da tempo. Forza Italia aveva annunciato sin dall’inizio la sua contrarietà, parlando di “questione di principio” su un tema che non era presente nel programma elettorale del centrodestra. Una posizione netta che non ha lasciato spazio a mediazioni.

Fratelli d’Italia aveva invece adottato una linea più sfumata, dichiarandosi formalmente aperta alla discussione politica ma ponendo come condizione un accordo preventivo nella coalizione. Un po’ come chiedere l’impossibile, visto il muro eretto da Forza Italia. L’astensione in commissione rappresenta quindi il tentativo di FdI di non scontentare completamente l’alleato leghista pur non sposandone la causa.

Le opposizioni all’attacco

Le opposizioni non hanno perso l’occasione per sottolineare le contraddizioni del governo. Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, ha parlato di “tensioni continue dentro la compagine di governo”, descrivendo uno scenario in cui “siamo di fronte a un suk in cui si barattano promesse e ipotesi di riforme che dopo quasi tre anni però restano al palo”. Il riferimento è chiaramente all’autonomia differenziata, al premierato e alla separazione delle carriere dei magistrati, tutti temi su cui la maggioranza fatica a trovare una sintesi.

Ancora più tagliente il commento di Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle: “Il partito di Salvini viene umiliato costantemente dai suoi compagni di viaggio. Assistiamo quasi divertiti a questo spettacolo ma ci domandiamo anche con tristezza quanto a lungo l’Italia debba rimanere ostaggio di questo gioco al massacro tra chi dovrebbe occuparsi dei problemi dei cittadini”.

Alessandra Maiorino

Una sconfitta annunciata

In realtà, la mossa della Lega aveva tutti i contorni di una battaglia persa in partenza. L’emendamento dell’ultimo minuto sembrava più un gesto simbolico per non deludere completamente le aspettative di Zaia e della base veneta che una reale strategia politica. Il governatore del Veneto, forte del suo consenso e della sua popolarità, aveva fatto pressioni per ottenere la possibilità di ricandidarsi per la terza volta consecutiva.

Ma le resistenze degli alleati erano troppo forti e le ragioni troppo diverse per essere superate. Forza Italia teme che l’abolizione del limite dei due mandati possa favorire principalmente la Lega, partito che esprime più governatori. FdI, dal canto suo, non vuole apparire come il partito che rompe la coalizione su una questione che non tocca direttamente i suoi interessi immediati.

Le conseguenze politiche

La vicenda lascia strascichi importanti all’interno del centrodestra. La Lega esce ridimensionata da questo scontro, con Salvini che non è riuscito a imporre una delle poche battaglie considerate prioritarie dal suo partito. Il messaggio che arriva è quello di un Carroccio sempre più isolato all’interno della coalizione, costretto a subire i veti degli alleati anche su questioni considerate strategiche.

Matteo Salvini

Per Zaia, il risultato rappresenta probabilmente la fine delle speranze di un terzo mandato, almeno attraverso questa strada. Il governatore del Veneto dovrà quindi iniziare a ragionare su un futuro politico diverso, magari puntando su un ruolo nazionale che potrebbero offrirgli le sue indiscusse capacità amministrative e il consenso popolare che non gli è mai mancato.

La vicenda conferma inoltre le difficoltà della maggioranza di governo nel trovare sintesi efficaci su temi che non siano strettamente legati alla gestione ordinaria del potere. Ogni volta che si tocca l’equilibrio interno della coalizione, emergono divisioni che rischiano di compromettere la tenuta politica dell’esecutivo.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa