Il leader leghista: “In Italia dittatura delle minoranze”. Poi precisa: “Non mi riferivo alle parole del presidente”. Colle-premier in linea.
Roma – Hanno fatto rumore nel centrodestra le parole del Capo dello Stato sui rischi di un “assolutismo” della maggioranza, pronunciate mercoledì alla Settimana sociale dei cattolici in corso a Trieste. Non si è poi fatta attendere la replica di Salvini che, con un’uscita chiara e contundente, ha confutato il cuore del messaggio presidenziale sulle garanzie per le minoranze: “Assolutismo? Siamo in democrazia, il popolo vota, il popolo vince. Non faccio filosofia, ma politica. Semmai qui c’è il problema della dittatura delle minoranze, non il contrario”. Alcune ore dopo “fonti della Lega” (non meglio precisate) hanno assicurato alle agenzie di stampa che “Matteo Salvini ha grande stima del presidente della Repubblica: la riflessione del vicepremier e ministro non era indirizzata al capo dello Stato”.
Ma ormai la mina era stata lanciata. Alla fine è stata la premier Giorgia Meloni a spegnere la miccia un po’ difendendo il messaggio di Mattarella un po’ attaccando a muso duro il Pd. “Io francamente non ho letto un attacco al governo e penso che non si faccia un favore alle istituzioni di questa repubblica se ogni cosa che dice il presidente viene strumentalizzata come se fosse il capo dell’opposizione. Il discorso del presidente era un discorso molto alto ed è un discorso che io condivido”, premette la premier. Parole che sono state apprezzate anche da fonti vicine al Quirinale che ritengono “corretta” la valutazione del presidente del Consiglio sulle parole del capo dello Stato.
“Il capo dello Stato va sempre rispettato” ha replicato gelido il vicepremier forzista Antonio Tajani. Non una parola di più. Silenzio tranquillo invece al Quirinale dove, con un certo understatement, si spiega che quelle di Mattarella sono state parole che hanno ribadito ben noti concetti liberali peraltro contenuti in Costituzione. Ma che l’atmosfera sia tesa lo conferma il resto della dichiarazione di Giorgia Meloni che, dopo aver usato parole al miele verso il Colle, parte all’attacco del Pd: “A sinistra vedo gente che esulta come allo stadio” per le parole di Mattarella ma “se non esiste un assolutismo della maggioranza figuriamoci se può esistere un assolutismo della minoranza. Lo abbiamo purtroppo visto quando la sinistra era al governo, quando c’era gente che perdeva le elezioni e che arrivava al governo e alla fine ti dicevano pure se potevi o non potevi uscire di casa”.
Nel mirino ci sono i Dem: “Il problema non è l’uomo solo al comando ma un sistema nel quale c’è solo il Pd al comando”. In questo clima la continua guerriglia di Salvini sui provvedimenti del governo sta mettendo a dura prova la pazienza della premier. Ma la linea di Chigi rimane “calma e gesso” soprattutto in questi giorni di attesa sospesa per il decisivo secondo turno di elezioni in Francia e il voto del Parlamento europeo sulle nomine atteso il prossimo 18 luglio. Due settimane decisive per Meloni che sta subendo un danno d’immagine per le inchieste di Fanpage sui giovani di Fratelli d’Italia e si trova ai margini delle trattative per la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Senza contare l’avvicinamento di Salvini ai “patrioti” di Viktor Orban, che andrà da Vladimir Putin.
Gli affondi della Lega a Mattarella non vedono nell’ultimo episodio un caso isolato, anche se Salvini smentisce ogni diatriba: nell’anniversario della festa della Repubblica il Carroccio aveva considerato scabroso che Mattarella dicesse che l’Italia è oggi inserita “nella più ampia comunità dell’Unione Europea, cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo tra pochi giorni la sovranità con l’elezione del Parlamento Europeo”. La cosa aveva suscitato lo sdegno del deputato leghista e candidato europeo Claudio Borghi, secondo cui “se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione Europea invece dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi perché la sua funzione non avrebbe più senso”.
Quando il leader del Carroccio Matteo Salvini fa propria la dichiarazione di Borghi davvero si accendono i riflettori sul caso. “Oggi è la festa degli italiani e della Repubblica, non della sovranità europea – aveva sottolineato il vicepremier – Noi abbiamo un presidente della Repubblica perché esiste una Repubblica, una sovranità nazionale italiana”. Il ministro leghista, aveva difeso la causa dell’italianità contro l’Unione europea delle multinazionali. Ma dopo qualche ora aveva precisato che le parole di Borghi erano state travisate e che nessuno aveva chiesto “le dimissioni” del presidente della Repubblica. Ci risiamo?