Le persone sembrano ammattite mentre dilaga la follia sul web. Il libero arbitrio regna sovrano e se ritieni di aver subìto un torto prima ti fai un video, poi vai in polizia, forse.
Leggevo di una ragazza che, tramite un video postato su quasi tutti i social, denunciava pubblicamente un medico perchè a suo dire responsabile di una sorta di aggressione verbale. Mentre la giovane si sottoponeva ad un esame specialistico, il camice bianco le avrebbe gridato in faccia:”Se ti levi il reggiseno, ci fai contenti tutti“.
Di primo acchito ti verrebbe di fare il culo al sanitario, poi investito da improperi, maledizioni e minacce dai centinaia di follower della vittima che, piangendo senza lacrime, raccontava la sua terribile esperienza ospedaliera. Qualche giorno dopo, però, mi imbattevo in un altro video in cui il medico additato come porco schifoso, annunciava di essere stato licenziato per colpa di una paziente a cui avrebbe detto (prima, durante o dopo l’esame non si è ben compreso): “Se te ne vai, ci fai contenti tutti“. A seguito di una raffica di domande della ragazza che avrebbero intralciato il regolare svolgimento dell’esame che richiede, proprio per la sua tipologia, particolare attenzione da parte del personale addetto.

Cercando sul web non mi risulta che la vittima del presunto energumento in camice bianco abbia sporto denuncia. La giovane, che di professione si dichiara attrice, si sarebbe poi compiaciuta della “parte” interpretata nel suo video. Vero o falso? Di questi fatti ne accadono migliaia ogni giorno e in tutto il mondo. Ognuno è libero di fare ciò che vuole, specie in rete, e la troppa autonomia ha dato origine alle più bieche espressioni che denotano spesso malvagità, collera, disprezzo per qualsiasi valore ideale mascherando questi post con una sorta di ironia che ironia non è.
E guai a rispondere in avverso: o vieni maciullato, oppure ti prendono per imbecille: “Ma dai non sai riconoscere una battuta?“. Fatto sta che in questi casi, presunta vittima e supposto carnefice, altrettando spesso, si equivalgono. Ormai selfie e video sono armi letali. E chi ha la disgrazia di essere preso di mira (soprattutto a torto) non ne esce vivo e il ludibrio, si sa, ammazza più di una pistola. Altro che la berlina dei tempi che furono. Almeno lì te ne uscivi con qualche sputo e un bel po’ di escrementi in faccia. Durava poche ore e una volta espiata la pena, tornavi ad essere il signor nessuno.
In rete no, il tuo volto, nel bene e nel male, gira come una trottola in tutto il mondo e ti bastano due euro di indicizzazione per ritrovarti dappertutto. Qualche volta anche sui giornali e in tv come portento del momento. O come notizia dell’ultim’ora. Ne sanno qualcosa gli influencer, alcuni dei quali sono davvero fenomeni da baraccone ma tant’è.

Parliamoci francamente il web ha bisogno di una regolata, anche perchè abbiamo visto che la troppa libertà non sappiamo gestirla. Il troppo, stroppia. Ce ne approfittiamo, sputtaniamo, accusiamo, condanniamo, assolviamo, puntiamo l’indice a cavolo, facciamo ciò che vogliamo fregandocene del prossimo e dei suoi diritti. Ma perchè, non è un po’ cosi a tutti i livelli?
Saltando di palo in frasca il cambiamento in peggio della società è sotto gli occhi di tutti. E noi che facciamo questo mestiere ce ne accorgiamo ogni giorno e non certo perchè trattiamo cronaca nera o altri argomenti poco piacevoli. Da quando i giornali sono sbarcati su internet c’è stata una vera e propria rivoluzione della comunicazione, adesso tendente ad un veloce deterioramento. Chiunque infatti, appellandosi alle norme sull’oblio e non solo, tanto per fare un esempio, può richiedere la cancellazione o, in subordine, la deindicizzazione degli articoli che tanto hanno leso e ledono la loro solo presunta onorabilità.
Oddio c’è chi ha ragione di proporre simili richieste, passati tanti anni da un fatto che, magari, può non interessare più nessuno ma che girando in rete può realmente danneggiare una persona. Ma che dire, e sono la maggior parte, di certi individui, spessissimo con la fedina penale pulita come una fogna, che minacciano di ritorsioni e denunce al Garante se non togliamo i loro nomi dagli articoli che raccontano vicende criminali accadute solo un mese prima? Che fine farebbe il nostro archivio storico se dessimo credito ad ognuno di questi galantuomini?

Ce ne sarebbe da parlare per giorni interi. Questo per dire che ogni settore della vita sociale e lavorativa presenta profondi mutamenti in negativo che difficilmente si potranno modificare. Complici un malessere diffuso, la povertà sempre più dilagante, l’insicurezza e la sfiducia verso un futuro che si prospetta ancora più nero. Se poi mettiamo i conflitti che affliggono il mondo e l’assenza assoluta di sani principi, di solidarietà e di disponibilità nei confronti del prossimo, francamente non so quanto potremo resistere. E guai a fidarsi di chiunque.
Rabbia e cattiveria, seppur in parte giustificate da eventi traumatici, abusi, influenze negative ed una possibile predisposizione genetica, portano solo a rafforzare l’odio. Una forza distruttiva che, una volta innescata, tende ad espandersi generando sofferenze e conflitti incessanti. Chi ha soluzioni si faccia avanti.