Il pm di Milano sputa il rospo: “La censura è stata una decisione politica a tutela di un sistema in decomposizione”.
Roma – “Mi sembra evidente che il ‘buffetto’ della censura ben poco abbia a che fare con il diritto e la giustizia, ma sia una decisione di ‘politica giudiziaria per via disciplinare’ volta a tutelare un sistema
giudiziario ormai in decomposizione”. Il sostituto pg Cuno Tarfusser svuota il rospo dopo che Palazzo dei Marescialli lo ha sanzionato disciplinarmente con la censura, per aver “osato” proporre la revisione del processo sulla strage di Erba, in contrasto con il suo ufficio, e non essendo “competente a farlo”. E passa al contrattacco: “Assolvermi avrebbe (…) delegittimato i vertici” dell’ufficio e “messo in pericolo la fallimentare politica delle nomine (…) dominata dalla perversa correntocrazia che il cosiddetto ‘scandalo Palamara’ non ha minimamente scalfito”.
Parole di fuoco che non si placano: “La sezione disciplinare del Csm mi ha inflitto la sanzione della ‘censura’ per avere studiato degli atti processuali, avere scritto un atto giudiziario ed averlo depositato nella segreteria della Procura generale di Milano. Insomma, per avere fatto il magistrato”. Tarfusser, all’indomani della sanzione disciplinare che impugnerà, in una sorta di lettera aperta spiega pubblicamente le sue ragioni e difende il suo operato di magistrato: “La mia colpa? Non avere preventivamente informato il mio ‘capo’ venendo così meno al dovere di correttezza verso il ‘capo’ e violando un ‘regolamento interno’ all’ufficio”.
“Vero? – prosegue – Assolutamente no! Perché il 24 marzo 2023 perfettamente consapevole delle norme, dei ruoli, della gerarchia e consapevole della delicatezza del mio atto, ho chiesto al ‘capo’ un incontro urgente per discutere ‘diffusamente di una cosa tanto delicata quanto importante su cui stavo lavorando da alcune settimane’. “Ho atteso una settimana intera – spiega ancora il magistrato – e, constatato che il ‘capo’ ha ignorato la mia richiesta, ho esercitato la mia funzione di magistrato, autonomo e indipendente, soggetto solo alla Costituzione, alla legge, agli atti processuali e alla mia coscienza e il 31 marzo 2023 ho depositato l’atto nella Segreteria della Procura generale di Milano. Domanda: chi è venuto meno ai propri doveri? Colui che ha chiesto l’incontro o colei che, non solo per una settimana, ma a tutt’oggi, l’ha ignorato?”.
E non finisce qui. Il sostituto pg, oltre a ripetere “rifarei esattamente quello che ho fatto, orgoglioso di
avere, anche in questo caso, esercitato il ministero di magistrato autonomo e indipendente, innanzitutto verso l’interno, prima ancora che verso l’esterno”, in quella che può essere considerata una lettera aperta, aggiunge: “tra pochi mesi andrò in pensione ci andrò senza nostalgia per un mondo che non sento più mio” in quanto “impregnato da invidie e gelosie” mentre “il successo non viene perdonato e il merito non viene riconosciuto”.
Pertanto Tarfusser, con un passato di giudice della Corte penale internazionale, ritiene che “una riforma della giustizia non è più rinviabile. Una riforma seria, profonda, degna di questo nome. Una riforma che finalmente sradichi i tossici centri di potere e non si limiti, come avviene da decenni, a somministrare blandi antidolorifici ad un malato agonizzante”. “Sempreché una politica seria, lungimirante, autorevole – aggiunge – esista e si decidesse finalmente a farla. Per me arriverà in ritardo, ma i cittadini, i nostri figli e nipoti hanno diritto ad un sistema giudiziario quantomeno decoroso”.