Gli atti trasmessi agli avvocati: proveranno a smontare il castello accusatorio che inchioda Giovanni Barreca, la coppia di “esorcisti” palermitani e la figlia sopravvissuta.
ALTAVILLA MILICIA (Palermo) – Continuano le indagini difensive dei legali di fiducia dei quattro indagati per la morte di Antonella Salamone e dei suoi figli Kevin ed Emanuel, torturati e uccisi nella notte fra il 10 e 11 febbraio scorsi nella villetta di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo. I magistrati inquirenti della Procura di Palermo e i colleghi della Minorile hanno messo a disposizione degli avvocati difensori di Giovanni Barreca, della figlia minorenne, di Sabrina Fina e Massimo Carandente, un hard disk da 8 terabyte, l’equivalente di 250 chiavette Usb di memoria di media grandezza.
Nel supporto informatico sono contenute oltre tre mesi di indagini tecniche, perizie e copie forensi di tutti i telefoni dei quattro indagati, dei loro computer e di tutte le interazioni in rete: chat, messaggi, post sui social, mail e cronologie. All’interno del disco rigido ci sono anche i risultati delle autopsie, i rilievi effettuati da carabinieri e Ris all’interno e all’esterno della villetta degli orrori documentati con foto e video. Inoltre la memoria digitale contiene pure i tracciamenti Gps degli spostamenti dei 4 indagati prima e dopo il triplice omicidio. In tutto 8mila gigabyte di materiale che rappresentano, di fatto, il cuore dell’inchiesta effettuata dai militari dell’Arma diretti dal comandante della Compagnia di Bagheria, Francesco Battaglia.
Adesso spetta a Giancarlo Barracato e Franco Janfer Critelli, i penalisti che difendono rispettivamente Barreca, padre e marito delle vittime, e i due coniugi Carandente e Fina, trarre le dovute conclusioni nel tentativo di demolire il granitico castello accusatorio messo su da requirenti e investigatori. La stessa cosa dovrà fare il difensore della figlia 17enne di Barreca, indagata anche lei per omicidio plurimo aggravato e soppressione di cadavere alla stessa stregua del padre e degli altri due sedicenti “esorcisti”. Barreca, Fina e Carandente si trovano reclusi in carcere sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla primogenita dell’imbianchino che avrebbe preso parte al massacro della madre e dei due fratelli.
Massacro presumibilmente diretto dalla coppia di Palermo che, di contro, si é sempre professata innocente al contrario di come dichiarato da Barreca che, ammettendo gli omicidi dei tre congiunti, li accusa di avere orchestrato la strage per allontanare il demonio da quella villetta:
”Fina e Carandente erano diventati autoritari – ha ribadito la giovane indagata con la freddezza di sempre – Durante gli interrogatori urlavano. Non so come è morta mia madre, se per infarto o quando sia io che mio fratello le abbiamo fatto prendendola a calci. In quel momento mia madre non reagiva più. Veniva torturata e non poteva né mangiare né bere e quando veniva colpita con la pentola aveva una fascetta trasparente ai polsi”.
La donna, subito dopo, sarebbe stata bruciata in giardino con tre litri di benzina unitamente a piattini ed altre suppellettili da rituale esorcistico:
”Durante queste cose – ha aggiunto la figlia di Barreca – sono rimasta come paralizzata perché avevo paura. Avevo pensato anche al suicidio… Subito dopo è morto Emmanuel, legato al letto con le catene, prima costretto a ingerire caffè con un bicchiere di plastica, con la siringa e il biberon. Il caffè lo preparava Sabrina. No so chi lo metteva nella siringa…L’ultimo a morire fu Kevin…Massimo diceva di avere mal di testa e quindi iniziò a dire che anche Kevin aveva i demoni. Quando lo stavano legando sono andata in cucina ma subito dopo Massimo mi ha bendata. I capelli a Kevin li ha tagliati Sabrina dicendo che lo facevano più ribelle…”.
La quarta vittima designata da Fina e Carandente, sempre secondo Barreca, sarebbe stata proprio la ragazza che avrebbe avuto salva la vita grazie ad una forte folata di vento che avrebbe spaventato tutti i presenti poi fuggiti in strada. Intorno all’1 di notte Giovanni Barreca chiamava al telefono i carabinieri informandoli della brutale tragedia. Il pittore edile, il primo giugno scorso, è stato trasferito di nuovo dal carcere di Enna a quello di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, struttura detentiva munita di un reparto psichiatrico. Per la seconda volta i detenuti volevano linciarlo.