Succede in Italia dove non sono poche le storie di malati di Sla che non riescono ad ottenere il tanto agognato (poiché necessario, anche per le visite mediche) Spid a causa delle loro condizioni fisiche. Ecco la storia di Antonio Brocani.
Sei malato di Sla? Niente Spid! Succede anche questo in questo strampalato paese che è l’Italia. Una notizia che è stata confinata in cronaca locale, ma che avrebbe meritato le prime pagine nazionali e che il web ha prontamente provveduto a diffondere. Ma cosa è successo di tanto clamoroso?
Un malato di Sla (la sclerosi laterale amiotrofica, una perfida e terribile malattia neurodegenerativa progressiva) costretto a letto, immobilizzato, da ben undici anni, si è visto rifiutare l’ottenimento dello Spid, il Sistema pubblico d’identità digitale, attraverso cui si può accedere on line a tutti i servizi della pubblica amministrazione. Ora, chi ha in famiglia la sventura di avere qualcuno afflitto da Sla, conosce a menadito le difficoltà a cui si va incontro: ogni gesto, ogni sguardo, ogni sbattere di palpebre rappresentano il nuovo modo di comunicare del paziente al caregiver (parente, badante o medico) di turno. Nel caso in questione è toccata alla moglie della persona malata che, caricandosi il peso sulle proprie spalle, accudisce e assiste amorevolmente suo marito da quando la malattia ha fatto capolino nelle loro vite.
E lo Stato dov’è, che cosa fa? É assente nella peggiore delle ipotesi, o si gira dall’altra parte nella migliore, erigendo muri inconcepibili per chiunque abbia un minimo di coscienza civile e umana. Il nostro tanto declamato Stato democratico, nonché di religione cattolica, che, come si sa, è votata all’accoglienza, alla carità ed alla misericordia, ha pensato bene di porre un rifiuto netto a una richiesta legittima: quella, cioè, di ottenere, come ogni altro cittadino, la possibilità di utilizzare lo Spid.
L’involontario protagonista di questa squallida vicenda, Antonio Brocani, 61 anni, è immobilizzato a letto e tracheotomizzato da ben 10 anni. La moglie ha denunciato le peripezie che è stata costretta a subire per riuscire ad avere lo Spid. Le norme burocratiche, spesso la vera palla al piede per i cittadini italiani, prevedono che sia necessario recarsi personalmente nell’ufficio per il riconoscimento della persona richiedente e per avere l’agognato nuovo strumento digitale. Ora, qualcuno di questi sapientoni che redigono i testi giuridici, approvati poi dal Parlamento, dovrebbe spiegare come fa una persona nelle condizioni di Antonio a poter eseguire l’iter nelle condizioni in cui si trova.
Non solo. Oltre il danno è arrivata anche la beffa, ossia quella di sentirsi un cittadino di serie B. La moglie, Maila Pigliapoco, ha infatti dichiarato che non le viene concessa la possibilità di utilizzare la procura poiché non può sostituire l’identificazione del soggetto che, trovandosi nelle drammatiche condizioni di Antonio, non può né muoversi né, tantomeno, parlare e firmare.
L’aspetto paradossale è che prima lo Stato invita (in realtà obbliga) ogni cittadino ad attivare lo Spid e poi nega, a tanti malati cronici, di poterlo fare. Oramai, è noto che con lo Spid si può prenotare una visita medica, consultare i referti online, richiedere un bonus, registrare contratti, fare la dichiarazione dei redditi, pagare le tasse.
Pare che il problema sia stato contenuto, grazie all’utilizzo della CIE (Carta d’Identità Elettronica), accedendo ai servizi col lettore da collegare al pc. Resta, comunque, un fatto increscioso che le autorità preposte non abbiamo proposto, almeno, una deroga a quanto stabilito dall’Agid, l’Agenzia per l’identità digitale. Soprattutto, arrecando ulteriore nocumento a cittadini che hanno l’unica colpa di essere malati cronici con patologie degenerative. Vergogna.